Essere o non essere umani by Björn Larsson

Essere o non essere umani by Björn Larsson

autore:Björn Larsson [Larsson, Björn]
La lingua: eng
Format: epub
ISBN: 9788832856422
editore: Raffaello Cortina Editore
pubblicato: 2024-01-28T23:00:00+00:00


4.5 Paleoantropologia

Leggere libri di paleontologia e paleoantropologia, anche nel caso migliore, è come divorare un giallo mozzafiato dove alla fine nessun colpevole finisce in manette. Quando il paleoantropologo Yves Coppens descrive il momento in cui, insieme ai colleghi, ha scoperto le ossa di Lucy, uno degli ominidi più celebri della storia, l’entusiasmo è palpabile e contagioso. La lunga ricerca dell’“anello mancante” aveva finalmente dato i suoi frutti.

Lucy ha colpito la fantasia del grande pubblico e dei media. In uno dei suoi saggi, Le genou de Lucy (Il ginocchio di Lucy), lo studioso francese ricorda con stupore quel momento: Lucy era diventata protagonista di quadri, romanzi e film. Alcuni arrivavano a interpretare la canzone di John Lennon, Lucy in the Sky with Diamonds, non come un riferimento all’lsd, secondo la lettura più classica, ma come un omaggio alla nostra preistorica cugina africana.

Una delle conseguenze di quell’attenzione mediatica è stato il profluvio di fondi stanziati dai consigli della ricerca, dai musei e dalle università per finanziare spedizioni e scavi. Coppens li ricorda come gli “anni ruggenti” della paleontologia: una spedizione multinazionale dopo l’altra partiva per l’Africa in cerca di ossa.

Quell’epoca gloriosa si conclude intorno al 1980, in parte per la crisi economica, ma anche perché la caccia ai nostri più antichi predecessori era un po’ passata di moda. Una volta appurato che quegli antenati erano esistiti ed erano bipedi non sembrava più indispensabile aggiungere nuove specie ipotetiche all’elenco di impronunciabili nomi latini. Un elenco già lunghissimo, peraltro.

L’interesse è tornato a concentrarsi sulla nostra specie, Homo sapiens sapiens. Grossomodo negli anni in cui Lucy si affermava come presenza familiare, lo studio della preistoria umana andava incontro a una rivoluzione. Dopo i forti scetticismi dei primi tempi, come ricorda Colin Renfrew in una pagina coinvolgente di L’Europa della preistoria, era ormai sempre più chiaro che il metodo del carbonio 14 consentiva di datare certi reperti archeologici con una precisione strabiliante. Quando vede la luce la prima edizione del volume di Renfrew, nel 1973, era già chiaro che la storia di Homo sapiens andava parzialmente riscritta, specialmente nella fase tarda. Antidatando certe espressioni culturali, tra cui i grandi megaliti della costa atlantica, più antichi di vari millenni rispetto alle cronologie tradizionali. Era un brutto colpo, anzi era il colpo di grazia per la cosiddetta teoria diffusionista, che attribuiva in modo quasi esclusivo all’influenza della Grecia e del Vicino Oriente le conquiste architettoniche e le tracce di civiltà riscontrabili nell’Europa dei primordi.

Però la datazione al radiocarbonio, anche calibrata con l’aiuto di dati dendrocronologici, ha una portata limitata nel tempo. Più si procede a ritroso, meno i risultati si fanno precisi, con un limite invalicabile a cinquanta o sessantamila anni fa – grossomodo l’epoca in cui Homo sapiens sembra avere dato inizio alla sua migrazione dall’Africa. In altre parole, il mistero supremo della paleoantropologia, l’avvento dei moderni esseri umani, era fuori portata: a quell’altezza non c’erano datazioni precise.

È stato allora che al party della preistoria si è presentato un ospite imprevisto: la genetica. Il primo scoop messo



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