Gerusalemme Perduta by Paolo Rumiz

Gerusalemme Perduta by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Frassinelli
pubblicato: 2017-10-13T23:00:00+00:00


Istanbul, Pera

Europa Europa, terra del tramonto. L’ultimo sole illumina le mura di Bisanzio, ancora in piedi, intatte dopo milleseicento anni. Dietro, l’acquedotto romano sorvola un dedalo di stradine dove, la sera, puoi vedere ancora sgozzare pecore e galli, in mezzo a fiumi di gente. Mi trovo con Pamir, un professore di fisica, in una taverna di Pera. Negli anni Settanta, da studente, era scappato in Italia; la polizia lo cercava perché era di sinistra, e per vent’anni la sua vita è stata rovinata dalle persecuzioni dei militari filoamericani. Ma oggi che è ritornato, di fronte alla novità dell’avanzata islamica tra i diseredati dell’Anatolia, ha perdonato i colonnelli e s’è convertito, diventando fedele al kemalismo.

Parliamo del viaggio del papa in Turchia. Le risposte di Pamir mi gelano. «Il governo filoislamico di Ankara fa le fusa a Ratzinger solo per acquisire una patente di tolleranza e accelerare l’ammissione. Può farlo senza problemi, tanto non ci sono più cristiani in Turchia. Hanno dato l’ok al restauro di alcuni monasteri, parlano di concedere più diritti ai cristiani. Ma l’Europa non capisce che tutto questo serve solo a spaccare lo Stato laico. I cristiani di qui sono soltanto un grimaldello, e per giunta inconsapevole.» Poi sorride: «D’altra parte anche voi mi pare stiate dandovi da fare. Sembra di capire che in Italia comandano i cardinali».

Usciamo, Pamir mi porta in una piazzetta, dove una targa in bronzo dice, in italiano: AL GRANDE PONTEFICE DELL’ORA TRAGICA MONDIALE BENEDETTO XV BENEFETTORE DEI POPOLI, SENZA DISTINZIONE DI NAZIONALITÀ E DI RELIGIONE IN SEGNO DI SOLIDARIETÀ, L’ORIENTE, 1914-1919. È il grazie al predecessore di Ratzinger, che nell’ora dei massacri anticristiani, operò per la pace. Pamir: «Vedi? Il viaggio turco di Benedetto XVI era già implicito nella sua scelta del nome».

«È un grande imbroglio, amico mio», sospira Pamir scendendo la via acciottolata che porta alla torre genovese di Pera. «Qui i più europeisti sono gli islamici. Non è strano? Non ti chiedi perché? Te lo dico io: vogliono libertà religiosa totale. Vogliono riavere quello che Ataturk ha tolto: l’insegnamento della religione a scuola, le barbe e il velo nelle scuole e negli uffici pubblici. Vogliono, soprattutto, far fuori i militari in nome dei diritti civili. Ma i militari sono l’ultimo bastione del laicismo di questo Paese. Se cadono loro, in Turchia comanderanno gli imam, e allora siamo fritti. Voi di Bruxelles siete dei fessi.»

Il turco abbassa il tono della voce. «Chiedi a un greco о a un armeno cosa pensa del kemalismo: quando avrà la certezza di non essere ascoltato, ti dirà cose orribili. Cattolici e ortodossi sono scatenati contro il regime laico di Ankara. Sono convinti che appena quel regime cade, tanti convertiti nascosti ridiventeranno cristiani. Credono di essere più furbi dei musulmani, per questo si alleano con loro contro i militari. Non capiscono che a Erdogan l’Europa serve solo a fare uno Stato islamico dietro un’apparenza plurale. Lui sa benissimo che le trattative andranno per le lunghe e c’è un’alta possibilità di un rifiuto. Quel rifiuto gli va a pennello.



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