I custodi della montagna by Vittorino Mason

I custodi della montagna by Vittorino Mason

autore:Vittorino Mason [Mason, Vittorino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Vittorino Mason; I custodi della montagna; Ediciclo; montagna; Dolomiti; Dolomiti friulane; Friuli Venezia Giulia; Veneto; Vajont; Erto; Casso; Mauro Corona;
editore: Ediciclo
pubblicato: 2023-10-08T22:00:00+00:00


Fiore della Val dei Mòcheni

Scorrendo la strada della Valsugana che porta a Trento, ad un certo punto, sulla destra, s’incontrano le indicazioni per la Val dei Mòcheni. Da quella parte, verso nord-est, per una quindicina di chilometri s’incunea la Valle del Fèrsina sovrastata dalle montagne del versante meridionale del Lagorai: Sasso Rosso, Sasso Rotto, Cima Sette Selle, monte Rujoch, monte Slimber, monte Hoamonder, monte Stocher… Già questi nomi sono un rimando a qualcosa che pare giungere da lontano; un suono dall’accento tedesco, che incuriosisce, pone interrogativi.

Quante volte mi sono domandato chi fossero i mòcheni. Ma andavo, ignorante proseguivo lungo la strada portandomi dentro quel nome, cercando spiegazioni che non trovavo e immaginando chissà quali genti. M’intrigava non poco la parola “mòcheni”. Ci vedevo dei burberi montanari, degli avanzi di galera rifugiatisi dopo una lunga fuga, un’etnia tedesca, una comunità di boscaioli, uomini duri, cattivi, uomini forgiati dalla montagna e dalle intemperie. Gente di un altrove che volevo andare a scoprire e conoscere.

«Eh, i mòcheni sono di un’altra razza! È gente che parla una lingua incomprensibile ed è meglio stargli alla larga» mi aveva detto uno dalle mie parti, pure lui ignorante e prevenuto. Poi le montagne si sono avvicinate e con la conoscenza, paura, ignoranza e preconcetti sono caduti come foglie d’autunno.

Non si sa la provenienza e la data precisa di quando le prime popolazioni s’insediarono nella Val dei Mòcheni. Nell’antichità erano perlopiù boscaioli, carbonai, pastori e agricoltori che frequentavano periodicamente quei luoghi per sfruttare il bosco e il pascolo. In un secondo tempo il territorio mòcheno venne colonizzato dai conti del Tirolo con tedeschi provenienti dalla Baviera e dalla Boemia. I nomi di alcune famiglie ancora residenti in valle – Moar, Korn, Toller, Hoss, Laner – ne confermano le origini.

Oggi sono lontani i tempi delle miniere quando, tra il 1400 e il 1500, in valle si scoprirono ricchi giacimenti di ferro, quarzo, oro, argento e rame, estratti perlopiù da minatori tedeschi che venivano chiamati canopi. La forza dei mòcheni era tutta nell’autosufficienza e nell’indipendenza, e quando l’attività mineraria si esaurì, la gente tornò all’agricoltura. Automaticamente la valle si chiuse in un isolamento involontario che contribuì a conservarne l’idioma, il carattere, le tradizioni e un senso di identità.

È un altro mondo quello di adesso, un’altra vita, ma la Val dei Mòcheni sembra essere rimasta la stessa. Di stanza in questi luoghi durante la Grande guerra, lo scrittore Robert Musil la definì «la valle incantata»: non esagerò e, seppure spopolatasi, conserva ancora la bellezza di un paesaggio naturale dove la tranquillità e la pace di chi ci vive sono valori sconosciuti ai figli delle città.

Profumo di legno. Qui c’è n’è tanto. Le case sono di legno, pietra e silenzio. In questa valle, dove il tempo sembra essersi fermato, sono rimasti in pochi ad ascoltare la voce rassicurante, monotona e amica del torrente Fèrsina che va per la sua strada come ha sempre fatto. Lungo le strette e ripide viuzze lastricate si viene investiti da un rimando di voci e volti che il silenzio custodisce dietro le porte chiuse.



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