I Milanesi ammazzano al sabato by Giorgio Scerbanenco

I Milanesi ammazzano al sabato by Giorgio Scerbanenco

autore:Giorgio Scerbanenco [Scerbanenco, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788811669630
Google: f61azgAACAAJ
Amazon: B003YZ7X9Y
editore: Amica
pubblicato: 1988-04-02T00:00:00+00:00


“Non è un’ausiliaria, è soltanto una mia cara amica che mi aiuta un po’ nel mio lavoro. Guarda che non è che ti sorvegli, ti tiene solo compagnia. Avrei dovuto portarti in questura, ma tu stai poco bene, e mi sarebbe dispiaciuto, qui starai meglio.” Da medico aveva capito subito qual era il male della ragazza: uccidersi. Era sull’orlo del suicidio come un bicchiere è sull’estremo orlo del tavolo, e cade.

Voleva impedirlo. Continuò: “Ho bisogno del tuo aiuto, Herero, solo per qualche giorno, poi te l’ho promesso, sarai libera.”

“Vorrei bere,” disse Herero. “Whisky, se c’è del Mackenzie.”

Duca fece un cenno a Livia che si alzò e andò al telefono. “Una bottiglia di whisky. Avete del Mackenzie?” Livia depose il ricevitore. “Sì, hanno il Mackenzie,” disse. Restò vicino alla finestra a guardare il sole.

“Cosa devo fare, poliziotto?” La negra si alzò di scatto e andò alla finestra, vicino a Livia. “Avanti, parla, non mi offri questa camera di grand h“tel e le bottiglie di whisky, per niente.”

“Sì, te le offro per niente. Ti chiedo un favore, ma se non vuoi farmelo, pazienza, avrai lo stesso grand h“tel e Mackenzie e sei libera di uscire anche in questo momento, se vuoi, non ti terrò una settimana dentro, non ti darò la libertà vigilata. Esci pure. Ma se puoi farmi il favore che ti chiedo, mi aiuterai molto.”

Lei non rispose, il cameriere entrò con la bottiglia di whisky, il ghiaccio, i bicchieri. In silenzio lei si avvicinò al tavolo, si servì un’abbondante razione, piangeva, mutamente, senza singhiozzi, andò a sedersi ancora sul letto, col bicchiere in mano, bevette piangendo, parlò piangendo in quel suo modo silenzioso e immobile: “Scusami se ti ho detto poliziotto.”

“Per me è un onore,” disse Duca, “se me lo dicono con rispetto.”

“Scusami se te l’ho detto senza rispetto.” Sulla pelle nerissima del viso, le lacrime che lei non asciugava prendevano, per il vago alone di sole che entrava nella stanza un vivido colore iridescente.

“Qualche volta si è nervosi,” disse Duca, “non importa.”

“Dimmi che cosa devo fare,” lei disse, bevette ancora.

“La ragazza grande grande della quale ti ho parlato,” disse Duca, “è stata uccisa, l’hanno bruciata viva in un mucchio di sterpaglie, e io cerco i suoi assassini. Aiutami a ritrovarli.”

“Dimmi che cosa devo fare,” lei ripeté con la monotonia che le dava l’alcool.

“Tu avrai delle amiche, delle colleghe, forse parecchie,” disse Duca. “Da quanto fai questo lavoro?”

“Da quando avevo quattordici anni, poliziotto,” ma glielo disse con tutto rispetto, con accorato rispetto e anche con improvviso passionale affetto, rimettendosi a piangere quel suo muto, immobile pianto dalle misteriose ragioni che Duca non voleva assolutamente indagare: “Sai, la vicina di casa che mi aveva adottato dopo che erano scoppiati i miei genitori, scoppiò anche lei che avevo quell’età, quattordici anni, allora ci fu una signora sua amica che mi prese lei e mi mandò a letto con dei vecchi bavosi.”

Parlava chiaro, se non altro, e raccontava le storie più vecchie del mondo. “Perché dici scoppiare, invece che morire?”

“Perché ho conosciuto uno



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