I volti della grazia by Raffaele Milani

I volti della grazia by Raffaele Milani

autore:Raffaele Milani [Milani, Raffaele ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Saggi
ISBN: 9788815143037
editore: Società editrice il Mulino, Spa
pubblicato: 2011-05-15T00:00:00+00:00


Capitolo nono

«Mater dolorosa, mater lacrimosa»

Nella cultura cristiana il corpo della terra, personificato nella figura materna richiama all’immagine della Vergine: questa è descritta nell’atto di soffrire e sacrificarsi. Il Cristianesimo ha proposto sofferenza e sacrifico come chiavi del riscatto nei confronti del male del mondo.

Se pensiamo al corpo della terra come al corpo della madre, l’attenzione può suggerire varie personificazioni, da ultima, in chiave cristiana, quella della Vergine Maria. Sempre si delinea un ritratto di dolore e di lacrime, di sacrificio e di terribilità. Comunque venga rappresentata in racconti diversi, questa figura femminile è spesso votata alla sofferenza, al sacrificio, anche al martirio: un percorso di passione alla fine del quale possiamo veder risaltare la luce di un dono riparatore, di una santità che cura, di una grazia che solleva dalle atrocità.

Pensiamo alla terra nel mito greco. In Esiodo (Teogonia vv. 126 ss.) si dice di Gaia, la terra, che partorì un essere uguale a sé, capace di coprirla interamente, e di Urano, il cielo, sede sicura degli dei. Da questa coppia primordiale saranno generate famiglie di divinità, ciclopi, e altri esseri mitici. Nell’Inno omerico alla terra si canta la madre universale, antenata venerabile. Eschilo la glorifica perché partorisce, nutre tutti gli esseri e ne riceve germe profondo. In un inno antichissimo, cantato dalle Pleiadi di Dodona, viene chiamata madre «nostra». Mircea Eliade nel Trattato di storia delle religioni descrive un numero rilevante di credenze, miti, rituali che formano, sul tema della terra, il fondamento stesso del cosmo con una serie di proiezioni religiose e prospettando un ritmo ciclico di civiltà diverse. Nel ciclo pastorale e poi nel ciclo agricolo, per usare termini etnologici, è avvenuta la sua valorizzazione dal punto di vista strettamente tellurico; all’inizio, sostiene Eliade [2001, 221], tutte quelle che si potrebbero chiamare «divinità della terra» erano piuttosto divinità del luogo, nel senso di ambiente cosmico circostante. Ciò pone tutta una relazione tra madre divina e natura in un gioco di ierofanie.

Kerényi osserva, in Miti e misteri [1979, 327-329], che vi sono vari testi, tra cui quello celebre di Lucrezio, secondo il quale Venus e Natura, Aphrodite e Physis, erano da considerarsi idee equivalenti. Tra questi documenti vanno annoverate alcune preghiere magiche della tarda antichità: un «incantesimo evocatore», una «preghiera coattiva» e una «lecanomanzia» di Afrodite. Per quanto poco epicurei e poco classici siano gli scritti di questo genere (magico), bisogna pure ricordare che forse lo stesso Lucrezio sarebbe caduto vittima di una coercizione magico-afrodisiaca. Gli inni che si pronunciavano durante la preparazione di un filtro non erano invenzioni degli ultimi secoli dell’antichità, sebbene essi ci siano pervenuti nelle loro forme più recenti; attingono infatti, sostiene Kerényi [ibidem], alle più diverse religioni orientali, ma alludono anche a rapporti tra figure divine elleniche, rapporti che potrebbero essere caratteristici di una mitologia greca più antica di tipo non tanto classico, quanto piuttosto popolare. In una particolare «preghiera coattiva» Afrodite viene invocata anche quale «Natura», madre universale, ed esercita quella funzione che Parmenide attribuiva alla Signora delle Mescolanze: «Citerea nata dalle



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