Il bene ostinato by Paolo Rumiz

Il bene ostinato by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Philanthropy & Charity, Travel, Essays & Travelogues
ISBN: 8807018357
Google: NLF3irN4O6MC
Amazon: 8807018357
Goodreads: 11393969
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2011-01-01T23:00:00+00:00


La strada della Madre nera

Lo confesso: non volevo farmi squassare l’anima da altri paesaggi. Mi bastava l’Oriente, la mia direzione maestra. L’Africa era troppo diversa e troppo raccontata. L’idea di un viaggio longitudinale era in conflitto con i miei progetti mirati sulla latitudine. Poi, come sempre, la vita ha imbrogliato le carte e un giorno son partito. Prima dell’alba, da Padova, con destinazione Uganda e Sudan del Sud.

Ero impreparato, facevo quasi resistenza passiva alla trasferta, alla revisione delle mie certezze, ma qualcosa già lavorava in me. Era una mattina limpida, calda, dal sapore di cuoio, e nella macchina che ci portava all’aeroporto gli occhi umidi di don Luigi, resi ancor più umidi da un raffreddore, rilucevano come quelli di Gandalf, il mago del Signore degli anelli. Naturalmente era stato lui a convincermi, ad averla vinta, e io spiavo nel buio il miracolo di quell’uomo instancabile che mormorava orazioni, segretamente felice di vedermi partire.

Eravamo in Veneto, ma africani in bicicletta già indicavano la strada della Madre nera. Pedalavano tra banche come penitenziari e discoteche come capannoni industriali; attraversavano un altro deserto, fatto di cattedrali del consumismo, luminarie e palme forestiere, nere nel cielo albicocca del mattino.

Mi accorsi che nella mia vita c’erano già frammenti di sogno africano. Zio Bruno, il fratello medico di mia nonna materna, nato a fine Ottocento. Un triestino romantico. Cercava orizzonti più vasti, e nel 1938 chiese di andare nell’Etiopia appena conquistata. Lo imbarcarono su una strana nave piena di soli uomini; e quella nave non andò mai a Porto Said.

Lo sbarcò invece in Spagna, dalle parti di Cartagena, dove assieme agli altri fu inquadrato nelle milizie fasciste di Francisco Franco. Mussolini aveva ucciso i suoi sogni con l’inganno e lui morì a Teruel, sotto una bomba, mentre operava i feriti in un ospedale da campo. Non arrivò di lui nemmeno una lettera.

Ma c’è anche Michele, il mio secondo figlio. Proprio in Uganda è andato, anni fa, a fare la sua prima esperienza all’estero, dopo la laurea in Scienze politiche, per conto di una Ong bergamasca. E poi Monika, che parte con me e ha già conosciuto il Sudan del Sud, le terre dei Dinka. Di loro ha già immagini stupende. Bambini nel fiume, mandrie, guerrieri, donne longilinee alla fonte che giocano con perle d’acqua sulla pelle d’ebano. Una stupenda lebbrosa di nome Rebecca.

Fin dall’inizio, un viaggio alla rovescia. Nel volo da Amsterdam africani ben vestiti che tornano, accanto a europei in disinvolte tenute operative che vanno, con i secondi che cercano esattamente ciò da cui sono fuggiti i primi. All’aeroporto di Entebbe, astronave di luce in un buio che sgomenta, i bianchi che si ritrovano una volta tanto dalla parte degli alieni, in fila per il controllo passaporti sotto il cartello OTHERS, mentre gli africani passano veloci sotto la scritta RESIDENTS.

La notte di foschia, il lago immenso e immobile come una prateria, Tito Dal Lago che ci aspetta tra la folla, guardingo e riccioluto, sotto una Luna gravida tra gli eucalipti. É il bianco più nero che abbia mai visto; non lascerebbe la sua Uganda per nessuna Europa di ricambio.



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