Il brigatista e l'operaio by Giovanni Bianconi

Il brigatista e l'operaio by Giovanni Bianconi

autore:Giovanni Bianconi [Bianconi, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858415023
editore: Giulio Einaudi Editore
pubblicato: 2014-07-07T22:00:00+00:00


A quarant’anni dalle prime azioni delle Brigate rosse nelle fabbriche di Milano e Torino, la classe operaia che assistette a quel fenomeno è ormai in pensione. Quella che l’ha rimpiazzata si ritrova ad affrontare emergenze e problematiche di tutt’altro genere.

Il clima delle contestazioni del ’68 e dell’autunno caldo del ’69, cosí come la «conflittualità permanente» degli anni Settanta, vengono evocati come un rischio da evitare o come un esempio da seguire, a seconda dei punti di vista. I contesti economici, politici e sociali sono completamente mutati, e strutturali sono divenute le differenze dei cicli di produzione e delle relazioni interne alle fabbriche. Ma nonostante le distinzioni, nuovi rigurgiti di violenza organizzata legati alle condizioni di lavoro e di emarginazione vengono considerati sempre possibili; proprio l’esperienza italiana insegna che è meglio non lasciarsi andare a certezze categoriche.

Tuttavia, la stagione che portò alla lotta armata nelle dimensioni raggiunte nella seconda metà del XX secolo è non solo conclusa, ma anche irripetibile in quelle forme. E una persona che l’ha vissuta dalla parte degli aggressori come Vincenzo Guagliardo – il quale dal ruolo di guerrigliero s’è dimesso da tempo, senza aspettare l’età della pensione, mentre continua a ricoprire quello di ergastolano seppure in semilibertà, a differenza di quasi tutti i suoi compagni d’un tempo ormai liberi senza piú vincoli – la ricorda con molti accenti autocritici. Anche a causa degli errori compiuti nella lettura dei fatti che determinarono la scelta delle armi. A cominciare dall’interpretazione della cosiddetta «opacità operaia».

Quello che dava ai primi brigatisti una sensazione di copertura e protezione all’interno delle fabbriche, oltre che farli sentire a casa propria, era un atteggiamento scambiato per affinità solidale e politica. Gli operai sembravano disposti a mantenere nel loro alveo i protoattivisti delle Br, seppure non convinti della praticabilità della propaganda armata, o addirittura contrari. Non solo non denunciavano chi veniva scoperto a inneggiare, sostenere o addirittura partecipare ai sabotaggi e agli attentati contro alcuni dirigenti, ma a volte tradivano un certo compiacimento verso chi s’era deciso a mettere in pratica proclami fino a quel momento soltanto sbandierati. Nonostante la linea ufficiale del partito e del sindacato.

L’errore di valutazione che lui e i suoi compagni fecero allora, dice oggi Guagliardo, fu di considerare quell’atteggiamento la premessa di una possibile, futura adesione delle masse alle tesi brigatiste. O comunque qualcosa che presto o tardi sarebbe sfociato in un appoggio piú o meno esplicito.

Non era cosí. Quello che le prime Br interpretarono come sostegno necessariamente nascosto per via del Pci, del sindacato e delle forze dell’ordine, era al massimo un tifo spontaneo verso qualcuno che si propone come novello Robin Hood. Una simpatia, o anche solamente una pur significativa non ostilità, verso chi appare come una sorta di vendicatore dei soprusi e delle discriminazioni ancora presenti alla catena di montaggio. Niente a che vedere, in ogni caso, con una proposta organica di adesione a un processo rivoluzionario.

Ripercorrendo la sua esperienza di guerrigliero nato e cresciuto dentro la fabbrica, e da lí lanciatosi all’attacco del «cuore dello Stato»,



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