Il Castello Nero by Gaston Leroux

Il Castello Nero by Gaston Leroux

autore:Gaston Leroux [Leroux, Gaston]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Emmebooks
pubblicato: 2012-11-30T16:00:00+00:00


17. Le nozze di Ivana Hanum

Nella mattina del grande giorno, Ivana vide entrare nella camera della torre occidentale una signora anziana, molto ossequiente e gentile, ma anche molto autoritaria con le schiave che la seguivano.

Era la maestra del cerimoniale della camera nuziale. Ivana doveva dipendere da quella donna in tutto e per tutto fino al momento in cui sarebbe appartenuta allo sposo.

Essa comprese subito, e lasciò fare. Si lasciò spalmare cosmetici e spruzzare di essenze. Poi, con l'henné, le tinse le unghie e le piante dei piedi.

Le serventi, incaricate della toeletta, sfarfallavano attorno ad Ivana e la kadina che impartiva gli ordini. Una portava il riba, un unguento a base di antimonio, per dare agli occhi ed alle sopracciglia la misteriosa tinta nero e azzurro che è tanto apprezzata anche in occidente, e che rende l'occhio languido ed espressivo. Un'altra era incaricata del sar, una pomata composta di litargirio e realgar, destinata a far scomparire l'ultima peluria. Poi, venivano l'olio di sandalo, di rosa e di gelsomino, portati da altre schiave, che lavoravano in ginocchio. Infine, il rossetto e il talco, per dare alla pelle la patina d'avorio brillante.

Al termine di questo delicato trattamento, le serventi cerchiarono le caviglie, le gambe e le braccia, con anelli d'oro; le misero al collo una collana di quattro file di perle e alle orecchie degli orecchini di squisito gusto orientale. Anche le dita dei piedi e delle mani scomparvero, quasi, sotto gli anelli di diamanti, rubini, smeraldi e turchesi.

Le intrecciarono la lunga opulenta capigliatura, che venne, poi, ricoperta dal turbante.

Poi, fu la volta dei calzoni di seta rosa a piegoni, che le arrivavano fino al ginocchio, e la tunica azzurra dello stesso tessuto, assicurata alla vita e molto scollata sul seno, ornata di passamani d'argento e ricamata con perline. Il cachemir bianco finissimo le cinse le reni; le maniche della tunica rimanevano aperte e lasciavano intravvedere il bianco eburneo delle braccia, anch'esse ricoperte di cerchietti d'oro.

Quando fu rivestita e ingioiellata, Ivana venne accompagnata dalla matrona fino all'harem, attraverso una porta bassa.

Alcune schiave l'attendevano sulla soglia e la salutarono, prostrate in ginocchio. Subito dopo, entrò nel salone detto il divano, dove c'era un grande mobile circolare, che, dal locale, prende il nome. Anche le cerimonie, che vi si tenevano, si chiamavano così.

All'arrivo della bellissima giovinetta, circa venti donne, che stavano accovacciate pigramente sul divano, o sulle stuoie di giunchi, o su magnifici tappeti persiani, si alzarono disordinatamente, abbandonando i narghilè dal lungo bocchino d'ambra, e, con grida festose, si strinsero attorno alla nuova arrivata.

«Una fransaoni!» gridavano. Una donna che non è musulmana, è una francese! così la chiamano quelle signore, anche perché molte di esse sono abbastanza istruite e conoscono la geografia.

«Mascialla!... Davvero seducente! affascinante!» gridavano, in coro.

Eppure, la sapevano rivale, forse una nuova padrona, alla quale avrebbe dovuto inchinarsi tutto l'harem, ma si guardavano bene dal mostrare qualsiasi forma di risentimento. Inoltre, le erano riconoscenti, poiché arrivava a proposito, per sbarazzarle della presenza della prima kadina, che tutte detestavano.

Le prendevano le mani e le baciavano, ammiravano i suoi occhi, le accarezzavano i serici capelli.



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