Il gusto di vivere by Giancarlo Fusco & Natalia Aspesi;

Il gusto di vivere by Giancarlo Fusco & Natalia Aspesi;

autore:Giancarlo Fusco & Natalia Aspesi; [Fusco, Giancarlo & Aspesi;, Natalia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858114377
editore: edigita
pubblicato: 2006-11-14T23:00:00+00:00


La società delle bocche cucite

Quando, nella primavera del 1956, la mafia volle fare intendere a don Carmelo Napoli che per lui era arrivato il momento di «pensare alla salute», gli spedì un pacco postale contenente una testa di cane. Don Carmelo, impresario di pompe funebri, fioraio e maneggione in diverse «partite», capì subito la portata dell’avvertimento: «Se continui a mordere e ad abbaiare, farai la stessa fine».

Il tarchiato necroforo era quel che i palermitani chiamano «uomo di pancia»: poco disposto a lasciarsi intimidire o spaventare. Gettò la testa nel pozzo nero e attraverso l’impalpabile telegrafo dei bassifondi fece sapere a quei «cornuti ammazzacani» che avrebbero avuto molto filo da torcere, prima di farla da padroni nella zona dei Mercati generali. Ma quindici giorni dopo, mentre don Carmelo se ne stava placidamente seduto nei pressi del suo negozio, in pieno giorno, in uno dei vicoli più centrali e popolati della vecchia Palermo, alcune lingue di fuoco saettarono dallo sportello di un’utilitaria e gli saldarono il conto.

La salma di don Carmelo era da poco tumulata, quando Tanuzzo Galatolo, «pezzo duro» del quartiere l’Acquasanta, fu avvicinato per strada da un bambino scalzo e spettinato, il quale gli mise in mano una scatoletta dicendo: «Don Gaetano, cinquecento lire mi diedero perché ve la consegnassi».

«Chi fu, a incaricarti?», chiese Galatolo, rigirandosi in mano la scatola. Il bambino strinse le spalle, alzò gli occhi al cielo, allargò le braccia e tirò via di corsa. La scatoletta di cartone era di quelle che normalmente contengono fermagli metallici per riunire documenti; ma Galatolo vi trovò soltanto tre noccioli d’oliva ben ripuliti. Io e voi avremmo pensato a uno scherzo. Invece, il «ras» dell’Acquasanta si accigliò. Se fra gli innamorati dell’Ottocento esisteva un linguaggio dei fiori, nel mondo della mafia esiste un linguaggio dei noccioli: «Non ti resta altro da succhiare, compare. Mettiti l’anima in pace».

Ventiquattro ore dopo, dietro i cancelli del mercato ortofrutticolo, Tano Galatolo cadde nel suo sangue.

Testa di cane, noccioli d’oliva, pettine rotto, lampadina fulminata (i morti non hanno bisogno di luce), zampa di gatto, altri oggettini insignificanti, bastano ad annunciare le condanne capitali decretate dalla mafia. O meglio: da una «cosca» (vale a dire «gang») di mafiosi decisi a sopprimere i membri di una «cosca» concorrente. Guerriglia interna. Quando, invece, la vittima designata non appartiene all’«onorata famiglia» (e in questo caso i «picciotti» incaricati dell’esecuzione prendono ordini «dall’alto»), è inutile farsi precedere da simboli di quel genere. Non verrebbero capiti.

Per mettere sull’avviso un «babbo», un «babbeo», cioè, estraneo alla «società», e intimargli di non ficcare il naso in un certo affare, basta una visita della «masticogna».

Un certo giorno, un tipo in berretta qualsiasi suona alla porta della persona da mettere «a posto», oppure la ferma per strada. Con aria molto deferente, quasi con umiltà, le tiene un discorsetto di questo genere:

«Vossia deve farci un piacere. Non deve più intricarsi (interessarsi) di quell’appalto». Oppure: «Vuole un consiglio, voscenza? Per qualche tempo non si faccia più vedere dalle nostre parti. C’è gente molto nervosa».

Poche parole, formalmente inoffensive,



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