Il ladro di merendine by Camilleri .Andrea

Il ladro di merendine by Camilleri .Andrea

autore:Camilleri,.Andrea [Camilleri,.Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La signora Pìpìa Ernestina vedova Locicero ci tenne a precisare che non faceva l’affittacàmmari di professione. Possedeva, lasciatole dalla bonarma, un catoio, una cameretta a piano terra che una volta era stata una putìa di varbèri, come si dice, salone da barba, Si dice accussì, ma salone non era, del resto i signori tra poco l’avrebbero visto e che bisogno c’era del coso, quello lì, il mannato di piricquisizione? Bastava apprisentarsi, dire: signora Pipia così e così e lei non avrebbe fatto quistione. La quistione la fa chi ha qualichicosa d’ammucciare, da nascondere, ma lei, tutti a Mazàra potevano tistimoniarlo, tutti quelli che non erano cornuti o figli di buttana, lei aveva avuto e continuava ad avere una vita trasparenti come l’aria. Com’era il pòviro tunisino? Taliàssero, signori, mai e poi mai lei avrebbe affittato la càmmara a un africano, tanto a quelli nivuri come l’inca quanto a quelli 75

che di pelli non faceva differenzia con un mazarese. Nenti, l’africano le faceva imprissìòni. Perché l’aveva affittata a Ben Dhahab? Distinto, signori miei, un vero omo d’educazione fina, come non se ne trovano più manco tra i mazaresi. Sissignore, parlava taliàno o almeno si faceva accapire bastevolmente. Le aveva fatto vidìri il passaporto...

«Un attimo» disse Montalbano.

«Un momento» fece contemporaneamente Valente.

Sissignore, passaporto. Regolare. Era scritto come scrivono gli arabi e c’erano macari paroli scritte in una lingua strànea. Ingrisi? Frangisi? Boh. La fotografia corrispondeva. E se propio propio i signori ci tenevano a saperlo, lei aveva fatto regolari addenunzia d’affitto, come vòli la liggi.

«Quand’è arrivato, esattamente?» spiò Valente.

«Deci jorna narrè, pricisi pricisi».

E in dieci giorni aveva avuto il tempo d’ambientarsi, trovare lavoro e farsi ammazzare.

«Le ha detto quanto si sarebbe trattenuto?» domandò Montalbano.

«Ancora una decina di jorna. Però...».

«Però?».

«Ecco, mi volle pagari un misi anticipato».

«E lei quanto gli chiese?».

«Io gliene cercai subito novecentomila. Ma, sapiti come sono fatti gli arabi che pattìano e pattiano, ero pronta a calare, chissaccio, seicento, cinquecentomila... E

inbeci quello non mi lasciò finiri, mise la mano in sacchetta, cavò un rotolo grosso quanto la panza d’una bottiglia, ci levò il lastrico che lo teneva e mi contò nove biglietti da centomila».

«Ci dia la chiave e ci spieghi dov’è il catojo» tagliò Moritalbano. La finezza e la distinzione del tunisino, agli occhi della vedova Pipìa, si erano concentrate su quel rotolo grosso come la panza d’una bottiglia.

«Mi pripàro in un momento e v’accompagno».

«No, signora, lei resta qua. Le riporteremo la chiave».



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