Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares by Pessoa Fernando

Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares by Pessoa Fernando

autore:Pessoa Fernando
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-10-31T16:00:00+00:00


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È una regola della vita che si possa (anzi, si debba) imparare da tutti. Ci sono cose della serietà della vita che possiamo imparare da ciarlatani e da banditi, ci sono filosofie che gli stolti possono insegnarci, ci sono lezioni di fermezza e di legge che provengono dal caso e da coloro che fanno parte del caso. Tutto è in ogni cosa.

In certi momenti chiarissimi delle mie riflessioni come quando, di primo pomeriggio, mi aggiro osservando le strade, ogni persona mi porta una notizia, ogni casa mi offre una novità, ogni manifesto ha per me una notizia.

La mia silenziosa passeggiata è una conversazione continua, e tutti noi, uomini, case, pietre, manifesti e cielo, siamo una grande moltitudine amica che fa a gomitate con le parole nella grande processione del Destino.

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Quando riesco a concludere qualcosa provo sempre stupore. Stupore e afflizione. Il mio istinto di perfezionismo dovrebbe inibirmi dal concludere; dovrebbe inibirmi perfino di cominciare. Ma mi distraggo e lavoro. Ciò che ottengo è il prodotto non di un'applicazione della volontà, ma di un suo cedimento. Comincio perché non ho forza per pensare; concludo perché non ho coraggio di fermarmi. Questo libro è la mia codardia.

Il motivo per cui tante volte interrompo un pensiero con un brano di paesaggio che in qualche modo si inserisce nello schema, reale o ipotetico, delle mie impressioni, è che quel paesaggio è una porta attraverso la quale sfuggo alla conoscenza della mia impotenza creatrice. Sento la necessità, fra le conversazioni con me stesso che formano le parole di questo libro, di parlare all'improvviso con qualcun altro, e mi rivolgo alla luce che, come in questo momento, si libra sui tetti delle case che sembrano bagnati perché sono illuminati obliquamente; allo stormire blando degli alberi alti sui colli della città, che sembrano vicini, in una possibilità di crollo muto; ai manifesti sovrapposti delle case ripide, con finestre come lettere dove il sole morto fa ingiallire la colla umida.

Perché scrivo, se non scrivo meglio? Ma cosa ne sarebbe di me se non scrivessi ciò che riesco a scrivere per quanto nello scrivere io sia inferiore a me stesso? Sono un plebeo dell'aspirazione perché cerco di realizzare; non oso il silenzio, come chi teme una stanza buia. Sono come coloro che apprezzano più la medaglia che la fatica, e assaporano la gloria attraverso la pelliccia di ermellino.

Per me scrivere è disprezzarmi; ma non posso smettere di scrivere. Scrivere è come la droga che odio e che prendo, il vizio che disprezzo e in cui vivo. Ci sono veleni necessari, e ce ne sono di sottilissimi composti di ingredienti dell'anima; erbe còlte nei canti delle rovine dei sogni, papaveri neri trovati vicino alle tombe [...], lunghe foglie di alberi osceni che agitano i loro rami sulle rive sentite dei fiumi infernali dell'anima.

Sì, scrivere significa perdermi, ma tutti si perdono, perché tutto è perdita. Però io mi perdo senza allegria, non come il fiume nella foce alla quale nacque ignaro, ma come la pozzanghera creata sulla spiaggia dall'alta marea, e la cui acqua, inghiottita dalla sabbia, non tornerà più al mare.



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