Il porto delle nebbie by George Simenon

Il porto delle nebbie by George Simenon

autore:George Simenon
La lingua: it
Format: mobi
pubblicato: 2012-01-13T23:44:46+00:00


«Sei sempre lì, Lucas?».

Era così buio che non si vedeva più nulla. E il fragore della tempesta copriva ogni altro rumore. Al porto gli uomini, ognuno al proprio posto, aspettavano l'arrivo da Glasgow di una nave che segnalava con la sirena tra i moli e aveva sbagliato la manovra.

«Sì, sono sempre qui».

«Che cosa stanno facendo?».

«Stanno mangiando. Vorrei poter fare altrettanto! Gamberetti, vongole, un'omelette e qualcosa che somiglia a carne fredda di vitello».

«Sono allo stesso tavolino?».

«Sì. E Grand-Louis è sempre appoggiato con i gomiti».

«Parlano?».

«Poco. Ogni tanto le labbra si muovono, ma non devono dirsi granché».

«Bevono?».

«Louis, sì! In tavola ci sono due bottiglie di vino. Bottiglie polverose. Il sindaco continua a riempire il bicchiere del suo compagno».

«Come se volesse farlo ubriacare?».

«Proprio così. La domestica ha un atteggiamento strano. Quando deve passare alle spalle del marinaio fa un giro largo per paura di sfiorarlo».

«Altre telefonate?».

«No. Ora Louis si soffia il naso nel tovagliolo e si alza. Aspetti. Va a prendere un sigaro. La scatola è sul caminetto. La porge al sindaco che rifiuta con un cenno del capo. La domestica porta il formaggio».

E il brigadiere Lucas soggiunse con voce lamentosa:

«Se solo potessi sedermi! Ho i piedi congelati. Non oso muovermi per timore di cadere».

Non era abbastanza per impietosire Maigret, che si era trovato cento volte in situazioni simili.

«Ti porterò da mangiare e da bere».

All'Univers, dove avevano già apparecchiato per lui, si limitò a divorare in piedi una fetta di pane e del pâté. Poi preparò un sandwich per il collega e prese con sé quel che restava della bottiglia di bordeaux.

«E dire che le avevo fatto una bouillabaisse come non se ne trova neanche a Marsiglia!» si lamentò il padrone.

Ma niente faceva presa sul commissario che, ritornato al muretto, formulò per la decima volta la stessa domanda:

«Che cosa stanno facendo?».

«La domestica ha sparecchiato. L'armatore, sprofondato nella sua poltrona, fuma una sigaretta dopo l'altra. Ho l'impressione che Louis stia per addormentarsi. Ha sempre il sigaro tra i denti, ma non si vede neppure un filo di fumo».

«Gli hanno dato ancora da bere?».

«Un bicchiere colmo dalla bottiglia che si trovava sul caminetto».

«Armagnac!» mugugnò Maigret.

«Guardi! C'è una luce al secondo piano. Deve essere la domestica che sta andando a letto. Il sindaco si alza e...».

D'improvviso si udirono delle voci, laggiù, nei pressi del caffè. E il rombo di un motore. Le parole erano appena percepibili.

«A un centinaio di metri? In casa?...».

«No... di fronte».

Maigret andò incontro all'auto che era ripartita. La fermò a una certa distanza dalla villa, perché il sindaco non si mettesse sul chi vive, e vide che si trattava di agenti.

«Novità?».

«Évreux comunica che l'uomo della macchina gialla è stato arrestato».

«Chi è?».

«Un momento! Protesta e minaccia di rivolgersi al suo ambasciatore».

«È straniero?».

«Norvegese! Quelli di Évreux ci hanno detto il nome al telefono, ma non siamo riusciti a capirlo. Martineau... O Motineau... Sembra che i suoi documenti siano in regola... La gendarmeria chiede che cosa ne deve fare...».

«Ce lo portino qui, con la macchina gialla... Ci sarà pure un agente capace di guidare! Correte a Caen... Cercate di sapere in che albergo scende la signora Grandmaison quando si trova a Parigi.



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