Il raccolto rosso 1982-2010 by Enrico Deaglio

Il raccolto rosso 1982-2010 by Enrico Deaglio

autore:Enrico Deaglio
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2013-08-18T22:00:00+00:00


Dove eravamo rimasti?

Già: dove eravamo rimasti?

Eravamo all’inizio dell’estate del 1993, poco prima delle stragi che quasi nessuno aveva previsto. Un attacco militare inaudito che saliva da Roma a Firenze a Milano, la Repubblica italiana che crollava e nessuno, ancora sei mesi prima, lo aveva potuto nemmeno immaginare.

Non io, sicuramente. Non avevo capito niente.

Mi ero fermato in una casupola, in un «non luogo» vicino a Campobello di Mazara, ad ascoltare la storia di Benedetta Bono detta Nittina, la sua vita da vittima ingenua e innocente, «spremuta e buttata», l’ultimo incontro con il suo amante capomafia, Carmelo Colletti, un uomo intelligente, rozzo e aggressivo, che però, proprio alla vigilia del proprio omicidio, era stato preso da una non prevista crisi di pianto. Il biscotto intinto nel latte che si spezza, lo schizzo sul volto, le lacrime.

Mi era sembrato un buon modo di finire il libro con una storia, in un mondo che dava l’idea di essere arrivato alla fine, in cui sembrava bastasse il coraggio di aprire l’ultima porta. Cosa Nostra era decimata, centinaia di soldati del suo esercito erano in rotta o disertori. E dire che era stato dipinto come l’esercito più invulnerabile, quello che giurava, col sangue e bruciacchiandosi le mani, che avrebbe accettato la morte da parte dei commilitoni in caso di tradimento, e giurava sui due simboli più sacri, la famiglia e la religione cattolica.

E poi, il Parlamento che aveva votato, praticamente senza defezioni, per portare Giulio Andreotti alla sbarra a Palermo, con l’accusa di essere stato il manutengolo decennale di Cosa Nostra; e così si riscriveva un po’ di storia patria. La città di Palermo, che era stata soprannominata da Leonardo Sciascia «l’irredimibile» e nel linguaggio giornalistico «la palude», era scesa nelle strade, forse l’unico caso al mondo in cui le folle prendevano posizione pur essendo sotto il tallone dei gangster – cosa che non era successa a Miami, a Bogotà, a Panama, a Medel-lín, in realtà in nessuna città di mafia. (Anche ai tempi di Roma antica, le turbe stavano con Catilina.) La polizia che funzionava e che macinava successi, il capo dei briganti Riina arrestato da un mitico personaggio, il capitano Ultimo, e messo in posa per i fotografi sotto il ritratto del generale Dalla Chiesa.

Voi tutti ammetterete che c’era motivo di essere entusiasti. Se la precedente generazione, i padri, aveva battuto il fascismo, noi avremmo potuto dire di aver fatto parte, o perlomeno assistito, alla sconfitta della mafia.

Il mio libro si chiamava Raccolto rosso, anche se alcuni dei miei più cari amici continuano a chiamarlo Racconto rosso, Deserto rosso, Profondo rosso o addirittura Sorgo rosso. Ma a me piaceva quel titolo e l’idea che quel giallo americano del 1929 fosse negli scaffali di Sciascia e di Falcone.

Sciascia era il Dubbio eretto a regola di vita, ma era un uomo che amava il coraggio. Falcone era «l’uomo che sapeva troppo» e sapeva benissimo che per questo sarebbe stato ucciso. Dashiell Hammett, l’autore di Red Harvest, era molto diverso da loro. Vita da investigatore privato, poi



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