Il talento di essere nessuno by Luca Ward

Il talento di essere nessuno by Luca Ward

autore:Luca Ward [Ward, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2021-03-01T12:00:00+00:00


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La voce dell’emozione

ORA conosco la mia voce alla perfezione, e mi piace. Le persone di solito sentono la propria voce dall’interno, non la ascoltano registrata su un supporto tecnico, che inevitabilmente la cambia e la fa apparire diversa. Questo scatena subito la reazione: oddio che brutta voce ho! In realtà è soltanto questione di abitudine. Per quanto mi riguarda sono molto felice di quello che esce e di come governo l’emissione. Ma non è stato sempre così, l’ho capito con il tempo, e soprattutto ho capito che non è esclusivamente una questione di voce, ma di come dici le battute.

Ferruccio Amendola non aveva una voce particolarmente sexy, come per esempio quella di Giuseppe Rinaldi, ma aveva una capacità straordinaria di entrare nelle orecchie degli spettatori e le sue battute rimanevano nell’immaginario degli italiani. Sono famose ancora oggi. Il grandissimo Oreste Lionello, la voce di Woody Allen e di tanti altri, mi ripeteva: «Luca, tu ci devi portare la tua vita, dentro! La tua vita deve uscire!» E io non capivo: «Ma come la mia vita? Io so’ ’n coatto…» gli rispondevo. Ma aveva ragione: non si doppia solo con la voce ma con la testa, con il cuore e con la vita.

L’emotività conta moltissimo per me: proprio perché, come ho detto, non sono un attore di accademia, devo poter contare sulla mia capacità di trasmettere quello che provo. Ora so che i personaggi resterebbero vuoti se io non gli dessi vita con le mie emozioni, la mia voce. Ricordo per esempio quando mi trovai a doppiare The Horsemen: davo la voce a Dennis Quaid, un poliziotto vedovo, molto preso dal lavoro e completamente assente con i figli. A un certo punto deve occuparsi di un caso cruentissimo, una serie di omicidi efferati, e dopo lunghe indagini scopre che l’assassino è il figlio. Feci tutta l’ultima scena piangendo, e quando finii di registrare mi dissi: me la faranno rifare, sicuro. Non si dovrebbe piangere davvero durante un doppiaggio, il suono «si sporca». Invece il direttore del doppiaggio, Pino Colizzi, mi sorprese tenendo tutto così come l’avevo registrato. Quella scena fu un capolavoro: mi fecero i complimenti tutti, anche i fonici. Per doppiare ci vogliono testa e cuore in egual misura. È un’arte complessa che si impara solo con il tempo.

Infatti i doppiatori famosi sono pochissimi. Alcuni attori blasonati che si sono cimentati si sono schiantati contro un muro. Non è automatico che se sei un nome del grande schermo ti puoi mettere a dare la voce a un protagonista; manco per niente, è proprio un altro mestiere. Un bravissimo attore come Toni Servillo in un’intervista ha detto che ogni volta che deve entrare in sala di doppiaggio gli tremano le gambe, e questo la dice tutta. A me le gambe non tremano, ma non manco mai di farmi il segno della croce. Sì, perché io doppio dei colossi del cinema, mica attorucoli: doppio delle belve.

Il perfezionismo di mio padre mi ha sempre accompagnato: è stata la mia fortuna, ma a volte l’ho sentita anche come un’eredità pesante da portare, molto pesante.



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