Ilium-Olympos by Dan Simmons

Ilium-Olympos by Dan Simmons

autore:Dan Simmons [Dan Simmons]
La lingua: ita
Format: epub
editore: [eBL SAGHE 5]
pubblicato: 2013-08-02T16:00:00+00:00


Menelao non aveva avuto difficoltà a entrare in città, grazie al rozzo travestimento dell'elmo zannuto e della pelle di leone. Passò davanti alle guardie alla porta, insieme con decine di altri barbari, tutti alleati dei troiani, dopo il corteo funebre di Paride e appena prima del conclamato arrivo delle amazzoni. Era ancora presto. Menelao aveva evitato la zona intorno alle macerie del palazzo di Priamo, perché sapeva che Ettore e i suoi condottieri sarebbero stati lì a interrare le ossa di Paride e molti di quegli eroi troiani avrebbero potuto riconoscere l'elmo con le zanne d'orso e la pelle di leone, usati da Diomede. Facendosi strada al di là della brulicante piazza del mercato e fra i vicoli, era sbucato nella piccola piazza davanti al palazzo di Paride, quartiere temporaneo di re Priamo e ancora abitazione di Elena. C'erano guardie scelte alla porta, naturalmente, e altre sulle mura e su ogni terrazza. Odisseo una volta gli aveva detto quale terrazza rientrata era quella di Elena e Menelao in quel momento aveva guardato con terribile intensità le tende rigonfie, ma non aveva visto comparire sua moglie. I due lancieri in luccicante corazza di bronzo facevano pensare che Elena non fosse in casa quel mattino: infatti lei, quando erano ancora nel più modesto palazzo a Lacedemone, non aveva mai permesso alle guardie del corpo di entrare nelle sue stanze private.

Nella parte opposta della piazza c'era una bottega di vino e formaggio, con rozzi tavoli posti nel vicolo soleggiato, e Menelao vi era andato a fare colazione, pagando con pezzi d'oro troiani che aveva avuto la preveggenza di arraffare dal baule di Agamennone mentre si vestiva. Era rimasto lì per ore, passando al taverniere altre monete triangolari per tenerlo tranquillo, e aveva ascoltato le chiacchiere e i pettegolezzi della folla nella piazza e dei clienti sulle panche vicine.

«La gran dama è in casa, oggi?» aveva chiesto una rugosa vecchiaccia a un'altra.

«È fuori da stamattina. La mia Febe ha detto che è uscita alle prime luci, sì, ma non per onorare le ossa del marito deposte propriamente nel tumulo, no.»

«Per cosa, allora?» aveva chiocciato la più sdentata delle due megere, lavorando di gengive il formaggio. Si era sporta verso l'amica, come per sentire meglio un segreto bisbigliato, ma l'altra, sorda quanto la prima, aveva letteralmente gridato la risposta.

«Corre voce che il priapesco vecchio Priamo insista perché la gran dama, per quanto sia un'impestata puttana forestiera, vada in moglie all'altro suo figlio, non a uno dell'esercito di suoi bastardi... non puoi tirare un sasso senza colpire un figlio di Priamo... ma a quel suo grasso e stupido figlio legittimo, Deifobo... e che si sposi entro quarantott'ore dalla grigliata di Paride.»

«Presto, allora.»

«Sì, presto. Oggi, forse. Deifobo ha aspettato in fila il suo turno di sbattersi la puttana, dalla settimana in cui Paride trascinò qui il grasso culo della gran dama... gli dèi maledicano quel giorno... Perciò mentre parliamo, sorella, probabilmente è tutto preso dai riti di Dioniso, se non da quelli del matrimonio.»

Le due megere avevano ridacchiato, sputando pezzetti di formaggio e di pane.



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