Interrogazioni sul cristianesimo. Cosa possiamo ancora attenderci dal Vangelo? by unknow

Interrogazioni sul cristianesimo. Cosa possiamo ancora attenderci dal Vangelo? by unknow

autore:unknow
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Religion, Christianity, Catholic, Philosophy, Christian Theology, General
ISBN: 9788876159572
Google: 8RIImwEACAAJ
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2013-01-15T08:49:48+00:00


GIOVANNI RUGGERI

La distinzione proposta tra evento fondatore e tradizione testimoniale sembra largamente plausibile all’immediato impatto sul senso comune. Eppure, se indagata più attentamente, sembra riproporre quella sorta di «nucleo oggettivo» che alla filosofia ermeneutica appare concettualmente piuttosto problematico.

GIANNI VATTIMO

Temo proprio che sia così. Capisco che l’interpretazione si deve esercitare su qualcosa, ma sorgono poi questioni a cui non credo sia facile rispondere. Infatti, domando: perché occorre che ci sia un testo definitivo, se non per ragioni strettamente disciplinari? Mi chiedo se non si tratti di una questione di storia della Chiesa, in quanto istituzione anche gerarchica, che può essere messa in questione. A questa mia provocazione si obietta che, se non c’è un tale «nocciolo», non si sa poi come definire i cristiani. E tuttavia – faccio osservare – definire i cristiani non è poi così ovvio: definirli documentalmente è un fatto meramente anagrafico, da censimento; per definirli invece dal punto di vista della fede, esistono i testi scritturistici, che sono quelli che sono (e nessuno di coloro che intendono aprire l’interpretazione aggiunge dei pezzi al Vangelo). Sono d’accordo sul fatto che il testo non debba essere modificato (perché, come dice il Vangelo, nemmeno uno iota deve essere lasciato cadere), ma faccio osservare che la storia della Chiesa in quanto istituzione non è anzitutto una lotta contro chi modifica il testo, bensì è determinazione di un’interpretazione autorevole e definitiva del testo così come è.

C’è una differenza tra l’età del Figlio e l’età dello Spirito, ma quest’ultima viene semplicemente sottovalutata se la si pensa come una comprensione sempre più approfondita, oggettiva e definitiva di quello che è scritto una volta per tutte. Per parte mia penso invece all’interpretazione come creatività, che dipende certamente dall’evento, dall’esistenza di un testo scritto in un determinato modo, ma a cui non si possono mettere troppi limiti disciplinari. Pertanto domando: se tale «chiusura» non dipende da ragioni disciplinari, perché mai dovrebbe essere provvidenziale che la rivelazione si sia fermata a un certo punto?



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