Io e il Duce by Indro Montanelli

Io e il Duce by Indro Montanelli

autore:Indro Montanelli [Montanelli, Indro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2018-04-16T22:00:00+00:00


Accettata così facilmente la condizione del prigioniero, si direbbe che da allora in poi non abbia avuto altra preoccupazione che darle una certa patetica grandezza. Questo assillo ebbe manifestazioni scoperte e quasi infantili. L’indomani sera, quando il questore Polito venne a prenderlo in consegna con una macchina non insistette per essere condotto a Rocca delle Caminate. E quando vide che erano giunti a Gaeta, chiese se gli avrebbero concesso «l’alto onore di essere rinchiuso nella stessa cella, di cui nel ’70 era stato ospite Mazzini». Invece lo imbarcarono sul Persefone, dove lo ricevette l’ammiraglio Maugeri. Mussolini non mosse alcuna obbiezione. Anzi, quando gli dissero che facevano rotta su Ventotene, mormorò: «Ah, un isolotto!». E il suo volto s’illuminò d’un sorriso all’idea che lo trattassero come Napoleone. Cambiò umore e si mostrò indignato e offeso, quando Polito decise invece di sbarcarlo a Ponza e seppe che lì erano ancora confinati Nenni, Zaniboni e Ras Immirù. Il timore di dover sfilare davanti agli occhi delle sue vittime e di leggervi magari qualche espressione di sarcasmo lo agitò al punto che lo indusse a far resistenza. «No! – disse – Questo, no!» E il bello è che la stessa cosa pensarono Nenni e Zaniboni, quando lo scorsero sulla tolda della nave. Zaniboni si rinchiuse addirittura in casa per non incontrarsi con lui e sottrarsi alla tentazione di una rivincita. I due galantuomini ebbero soltanto pietà del loro persecutore e giudicarono la polizia di Badoglio come andava giudicata. Per colmo di stupidità e di perfidia, gli fu assegnata l’abitazione di Ras Immirù. E fu lì, in una miserabile cameretta imbiancata a calce, senz’altri mobili che un letto traballante e privo di lenzuola, una poltrona in brandelli e un lavabo di ferro, ch’egli trascorse il 29 luglio, suo sessantesimo compleanno.

I giorni che seguirono li dedicò alla lettura della Vita di Cristo di padre Ricciotti, di cui sottolineò a matita tutti i passaggi che si prestavano a qualche parallelo con le sue personali vicende. Il sergente maggiore Marini, addetto alla sua custodia, se ne accorse, e una sera gli disse che Gesù e Mussolini erano stati traditi allo stesso modo: «Non dovreste paragonarmi a Lui» rispose Mussolini, ma con un accento che tradiva più compiacenza che sorpresa. Più tardi, frugando nei suoi ricordi, scoprì che a Ponza lo avevano preceduto anche altri deportati illustri: Agrippina, madre di Nerone; Giulia, figlia di Augusto, Santa Flavia Domitilla e San Silvestro papa e martire. E da quel momento l’isolotto cominciò a piacergli.

Ma ce lo tennero poco. L’ammiraglio Maugeri venne il 6 agosto a riprenderselo col Pantera per condurlo alla Maddalena. Mussolini s’imbarcò docilmente, ma il suo umore cambiò quando Maugeri gli disse che il trasferimento era stato deciso perché si aveva buona ragione di supporre che i tedeschi avessero saputo della sua presenza a Ponza e intendessero fare qualcosa per liberarlo. «Questa – disse scattando indignato – è la più grossa delle umiliazioni che mi si può infliggere. Davvero si pensa che io accetterei di riprendere il governo con l’appoggio dei tedeschi?» Maugeri dovette faticare per calmarlo.



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