Kitchen by Banana Yoshimoto

Kitchen by Banana Yoshimoto

autore:Banana Yoshimoto
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
ISBN: 8807812436
editore: Feltrinelli
pubblicato: 1987-12-31T23:00:00+00:00


Un ricordo di Eriko. Il più triste.

La prima pianta che aveva comprato, lei che aveva tante piante davanti alla finestra, era stata una pianta di ananas, mi raccontò una volta.

"Era pieno inverno," disse Eriko. "A quei tempi, Mikage, ero ancora un uomo. Un bell'uomo, anche se le palpebre erano un po' diverse, e il naso più schiacciato. Era prima di fare la plastica. La mia faccia di allora non la ricordo neanch'io tanto bene."

Faceva un po' fresco. Era verso l'alba, d'estate. Yūichi non c'era, era rimasto a dormire fuori, e Eriko era tornata dal locale con un pacchetto di nikuman che le aveva regalato un cliente. Io, come accadeva spesso, stavo guardando un programma di cucina che avevo registrato la mattina e prendevo appunti. L'alba cominciava lentamente a rischiarare l'azzurro del cielo a oriente. 'Che ne dici se li assaggiamo adesso, questi nikuman?' dissi. Li misi nel forno a microonde. Stavo preparando un tè al gelsomino quando, a un tratto, Eriko cominciò a raccontare.

Ero un po' sorpresa. Pensai che forse era accaduto qualcosa di spiacevole al locale e per questo aveva voglia di parlare. Anche se un po' assonnata, mi misi ad ascoltarla. Mi sembrava che la voce risuonasse proprio come in un sogno.

"È una storia di tanto tempo fa. Di quando morì la madre di Yūichi. Parlo dell'altra mamma, la sua vera mamma, mia moglie ai tempi in cui ero uomo. Aveva un cancro e cominciava a stare sempre peggio. Ci volevamo molto bene e per starle più vicino fui costretto ad affidare Yūichi a dei vicini. Allora lavoravo in una ditta. Andavo da lei tutte le mattine e tutte le sere, prima e dopo il lavoro. La domenica portavo anche Yūichi, ma lui era ancora troppo piccolo per capire. Erano giorni completamente bui, ma mi ostinavo a vedere una speranza, per quanto fioca. Adesso so che non c'era altro che disperazione. E non averlo capito, anche questo mi sembra triste."

Eriko parlava tranquilla, lo sguardo abbassato, come se raccontasse qualcosa di piacevole. In quella luce azzurrina, era di una bellezza che dava i brividi.

"'In questa stanza d'ospedale vorrei qualcosa di vivo', disse un giorno mia moglie. 'Qualcosa di vivo, qualcosa che ha a che fare col sole... una pianta. Ecco quello che ci vuole, una pianta! Compramene una molto grande e che non richieda molte cure.' Felice di poter accontentare mia moglie, che non chiedeva mai niente, volai dal fioraio. Io, da tipico uomo, non sapevo ancora niente di saintpaulia e ficus benjamina. Lei mi aveva detto solo di evitare il cactus, così finii col comprare un ananas, l'avevo riconosciuto subito dai piccoli frutti che aveva. Quando tornai all'ospedale con la pianta, mia moglie era felicissima e non la finiva più di ringraziarmi.

Ormai si avvicinava sempre più alla fine. Una sera, tre giorni prima di entrare in coma, mentre stavo per andarmene improvvisamente mi disse: 'Per favore, porta a casa la pianta di ananas.' A vederla, non sembrava che stesse peggio del solito. Naturalmente non le avevamo detto niente del cancro, tuttavia sussurrò queste parole come se fossero le sue ultime volontà.



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