La Divina commedia by Dante Alighieri

La Divina commedia by Dante Alighieri

autore:Dante Alighieri [Alighieri, Dante]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2013-09-09T22:00:00+00:00


CANTO TRENTESIMO

Forse seimila miglia di lontano

ci ferve l’ora sesta, e questo mondo2

china già l’ombra quasi al letto piano,3

quando il mezzo del cielo, a noi profondo,4

comincia a farsi tal, ch’alcuna stella

perde il parere infino a questo fondo;6

e come vien la chiarissima ancella7

del sol più oltre, così ’l ciel si chiude8

di vista in vista infino alla più bella.

Non altrimenti il trionfo che lude10

sempre d’intorno al Punto che mi vinse,

parendo inchiuso da quel ch’Egli inchiude,12

a poco a poco al mio veder si stinse;

per che tornar con gli occhi a Beatrice14

nulla vedere ed amor mi costrinse.

Se quanto infino a qui di lei si dice

fosse conchiuso tutto in una loda,

poco sarebbe a fornir questa vice.18

La bellezza ch’io vidi si trasmoda19

non pur di là da noi, ma certo io credo20

che solo il suo Fattor tutta la goda.

Da questo passo vinto mi concedo22

più che giammai da punto di suo tema23

soprato fosse comico o tragedo;

ché, come sole in viso che più trema,25

così lo rimembrar del dolce riso

la mente mia da me medesmo scema.27

Dal primo giorno ch’io vidi ’l suo viso

in questa vita, insino a questa vista,

non m’è il seguire al mio cantar preciso;30

ma or convien che mio seguir desista31

più dietro a sua bellezza, poetando,

come all’ultimo suo ciascuno artista.

Cotal qual io la lascio a maggior bando34

che quel della mia tuba, che deduce

l’ardua sua matera terminando,

con atto e voce di spedito duce

ricominciὸ: «Noi siamo usciti fòre

del maggior corpo al ciel ch’è pura luce;39

luce intellettual, piena d’amore;

amor di vero ben, pien di letizia;

letizia che trascende ogni dolzore.42

Qui vederai l’una e l’altra milizia43

di Paradiso; e l’una in quegli aspetti

che tu vedrai all’ultima giustizia».45

Come sùbito lampo che discetti46

gli spiriti visivi, sì che priva47

dell’atto l’occhio di più forti obbietti,48

così mi circonfulse luce viva;

e lasciammi fasciato di tal velo

del suo fulgor, che nulla m’appariva.

«Sempre l’amor che queta questo cielo

accoglie in sé con sì fatta salute,53

per far disposto a sua fiamma il candelo».54

Non fur più tosto dentro a me venute

queste parole brievi, ch’io compresi

me sormontar di sopr’a mia virtute;57

e di novella vista mi raccesi

tale, che nulla luce è tanto mera,59

che gli occhi miei non si fosser difesi.60

E vidi lume in forma di rivera61

fulvido di fulgore, intra due rive62

dipinte di mirabil primavera.63

Di tal fiumana uscìan faville vive,

e d’ogni parte si mettean nei fiori,65

quasi rubin che oro circonscrive;66

poi, come inebriate dagli odori,

riprofondavan sé nel miro gurge;68

e, s’una entrava, un’altra n’uscìa fuori.

«L’alto disio che mo t’infiamma e urge,70

d’aver notizia di ciò che tu véi,71

tanto mi piace più quanto più turge.72

Ma di quest’acqua convien che tu béi73

prima che tanta sete in te si sazii».

Così mi disse il sol degli occhi miei.75

Anche soggiunse: «Il fiume e li topazii

ch’entrano ed escono e il rider dell’erbe

son di lor vero umbriferi prefazii;78

non che da sé sien queste cose acerbe;79

ma è difetto dalla parte tua,

che non hai viste ancor tanto superbe».81

Non è fantin che sì sùbito rua82

col volto verso il latte, se si svegli

molto tardato dall’usanza sua,84

come fec’io, per far migliori spegli85

ancor degli occhi, chinandomi all’onda

che si deriva perché vi s’immegli.87

E sì come di lei bevve la gronda88

delle palpebre mie, così mi parve89

di sua lunghezza divenuta tonda.



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