La ragazza e l'inquisitore by Nerea Riesco

La ragazza e l'inquisitore by Nerea Riesco

autore:Nerea Riesco [Riesco, Nerea]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-10-18T07:37:39+00:00


XIV

Di come far sì che tutto ciò che si trova in una stanza sembri nero, di come far sì che una stanza sembri piena di serpenti.

La notte prima di partire per Elizondo Salazar dormì poco e male, e quando si addormentò sognò la regina Margherita. Era raro che si ricordasse un sogno. Solo ogni tanto, appena alzato, prima ancora di rivolgere la parola ad alcuno, si ritrovava nelle pupille immagini che non avrebbe saputo descrivere a parole e in cuore una sensazione di disa-gio che non lo abbandonava per tutto il resto della giornata. I suoi sogni non erano mai sereni, erano sovraccarichi di ornamenti chiassosi che gli davano fitte d’angoscia, e lui sapeva solo che si era visto percorrere sentieri stretti e tortuosi, umidi, pieni di ortiche. Al risveglio era dolorosamente convinto che quegli incubi annunciassero solo grattacapi. Cosa che accadde puntualmente anche quel giorno.

In sogno aveva visto la regina con addosso solo un finissimo camicione di lino che ricordava vagamente un sudario. Aveva i capelli sciolti e camminava, scalza, lungo un sentiero cosparso di ciottoli aguzzi che le ferivano i piedi; ma non sembrava provare do-lore.

Avanzava tenendo le braccia dritte lungo il corpo e il palmo delle mani in avanti a mostrare due stigmate cruciformi dalle quali gocciolava un filo di sangue turchino, se-gno del suo lignaggio reale. Dietro di lei lungo tutto il cammino che aveva percorso si formava un rigagnolo azzurro, e in lontananza, alle sue spalle, l’esile scia liquida si al-largava in un gran paradiso acqueo fatto di laghi, mari e cascate in cui annaspavano mi-gliaia di persone, agitando freneticamente le braccia e chiedendo aiuto, fino ad annegare. A un certo punto la regina lo raggiungeva, serena, il viso privo d’espressione, e gli avvi-cinava le labbra all’orecchio; Salazar sentiva la carezza del suo respiro sulla pelle del collo Ma poi, invece di sussurrare, la regina gridava con tutte le sue forze: «Il demonio è a palazzo!».

L’inquisitore si svegliò di soprassalto, due secondi prima che qualcuno bussasse alla porta per annunciargli l’arrivo del messo con la posta. Andò ad aprire oppresso dall’an-goscia, strappò le lettere di mano al messo e richiuse senza dire una parola, sbattendo la porta, in gola il sapore acre delle premonizioni. Non si sbagliava: una delle lettere veni-va dalla regina.

Pensando che non potesse trattarsi di un caso, decise di infrangere la regola di aprire le lettere di Margherita solo alla fine della giornata. Era assolutamente sicuro che la re-gina avesse bisogno di lui: gli indizi erano chiari.

L’aveva contattato in sogno, e poi, casomai quei metodi sibillini non fossero sufficien-ti, si era servita anche della posta ordinaria: meno extrasensoriale, ma più affidabile. E in entrambi i casi Salazar aveva percepito forte e chiara la sua ansia. Spezzò dunque subito il sigillo di ceralacca che chiudeva la busta, spiegò i fogli sul ripiano della scrivania e per non perdere altro tempo si negò perfino il piacere di annusarli. La regina cominciava la sua missiva con le solite formule di cortesia cui l’aveva abituato, ma



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