La tredicesima storia by Diane Setterfield

La tredicesima storia by Diane Setterfield

autore:Diane Setterfield [Setterfield, Diane]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
Tags: ebook gratuito - vietata la vendita
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Miss Winter stava morendo. Ma non per questo sembrava più malata né la morte sembrava più prossima, rispetto ai primi giorni. Per quanto magra e stanca, quando mi raccontava la sua storia sembrava attingere a un pozzo di forza non intaccato dall’età e dalla malattia. Mi spiegai quel paradosso dicendomi che erano le cure costanti del medico a sostenerla.

Eppure, anche se non saltava all’occhio, l’indebolimento era drastico. Come spiegare altrimenti l’annuncio inatteso che Judith fece una mattina? Di punto in bianco mi disse che Miss Winter stava troppo male per vedermi. Che per un paio di giorni non sarebbe stata in grado di affrontare i nostri colloqui. Che, non avendo niente da fare, tanto valeva che mi prendessi una breve vacanza.

«Una vacanza? Ha fatto tante storie quando sono andata via l’ultima volta; tutto mi sarei aspettata tranne che mi spedisse in vacanza. E a poche settimane da Natale, per giunta!»

Judith arrossì, ma non per questo fornì altre spiegazioni. Qualcosa non andava.

Volevano che mi togliessi dai piedi.

«Se crede posso aiutarla a preparare i bagagli» si offrì. Accennò un sorriso di scuse, sapendo che sapevo che mi nascondeva qualcosa.

«Li preparo da sola» tagliai corto infastidita.

«Oggi Maurice ha il giorno libero, ma l’accompagnerà alla stazione il dottor Clifton.»

Povera Judith. Odiava la falsità, ed era assolutamente incapace di sotterfugi.

«E Miss Winter? Vorrei dirle una cosa al volo. Prima di andarmene.»

«Miss Winter? Mi dispiace ma…»

«Non vuole vedermi?»

«Non può vederla.» Il sollievo le inondò il viso e la sincerità risuonò nella voce ora che poteva finalmente dire una cosa vera. «Mi creda, Miss Lea. Non può davvero.»

Qualunque cosa sapesse Judith, di certo la sapeva anche il dottor Clifton.

Accompagnandomi alla stazione mi chiese: «In quale zona di Cambridge si trova il negozio di suo padre?» e poi: «Tratta anche testi di storia della medicina?».

Io gli risposi a monosillabi, più interessata alle domande che volevo fargli io che alle sue, scoraggiando ben presto i tentativi di parlare del più e del meno. Mentre entravamo a Harrogate, l’atmosfera della macchina era gravata dal silenzio opprimente di Miss Winter.

Di nuovo Angelfield

Il giorno prima, in treno, avevo immaginato rumori e un’attività febbrile: istruzioni urlate a squarciagola e braccia che segnalavano messaggi agitando bandierine; gru, lente e reboanti; pietra che si schiantava sulla pietra. Quando arrivai ai cancelli della tenuta e guardai l’edificio in demolizione, invece, tutto era silenzioso e immobile.

Non si vedeva niente; la nebbia aleggiava nell’aria rendendo invisibile tutto quanto non fosse a brevissima distanza. Non si distingueva nemmeno il viale d’accesso. Un attimo mi vedevo i piedi e quello dopo erano spariti. Sollevai la testa e avanzai alla cieca seguendo il viale per come lo ricordavo dalla visita precedente e dalle descrizioni fornite da Miss Winter.

La mia cartina mentale risultò precisa: il giardino era esattamente dove mi aspettavo. Le sagome scure dei tassi sembravano un apparato scenico nebulosamente dipinto e reso piatto e bidimensionale dallo sfondo opaco. Due forme a cupola galleggiavano come bombette eteree nella caligine simile a una nuvola, i tronchi che le sostenevano dissolti nel biancore sottostante.



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