La vipera 2 by Hakan Ostlundh

La vipera 2 by Hakan Ostlundh

autore:Hakan Ostlundh
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
editore: Fazi
pubblicato: 2008-07-10T22:00:00+00:00


34

A Elin sembrò che tutto diventasse più semplice quando Ricky tornò a casa. La paura sparì in un istante. E persino respirare le parve più semplice.

Ma era arrabbiata con lui per averle rivolto delle accuse e per essere sgattaiolato via senza dire niente. Tuttavia non sapeva come dirglielo e, soprattutto, se aveva il diritto di dirgli qualcosa. Inoltre era troppo felice che fosse tornato a casa per rischiare un nuovo litigio.

Lui l’aveva salutata rivolgendole uno sguardo assente ed era scomparso in camera sua.

Elin si accasciò sul divano in soggiorno. Avrebbe fatto meglio a tornare a casa. Cosa le restava da fare in quel posto? Ci sarebbero volute settimane, forse di più, prima di seppellire la madre. Gli studi l’aspettavano. O meglio: gli studi non aspettavano. I corsi proseguivano inesorabili e sarebbe stata dura ricominciare, una volta rimasta indietro.

Era un incubo. L’aveva davvero uccisa suo padre? Pensava di sì, sebbene non volesse crederci. Ricky non riusciva a capirlo, non ne coglieva la differenza.

Piegò la testa all’indietro e provò a immaginarsi morta. Ma era un pensiero lontano, incomprensibile e dissociato da qualsiasi emozione. Non riusciva a pensare la vita che aveva davanti e nemmeno che sarebbe finita. Eppure, a un tratto, qualcosa le attraversò il petto. Intorno a lei tutto si fece nero, vuoto e gelido. Era completamente sola e il mondo non era né buono né cattivo e nulla aveva più senso. Si alzò di scatto dal divano per fugare quella sensazione di panico, andò alla finestra e premette la fronte e il naso contro il vetro. Un bel sole autunnale brillava sugli agnelli al pascolo. E senza volerlo si trovò a sorridere a quell’immagine.

Una volta, molto tempo prima, suo padre le aveva parlato del senso della vita. Non si ricordava perché, se fosse stato del tutto spontaneo o se gli avesse posto qualche ingenua domanda esistenziale. «La vita non ha alcun senso», le aveva detto. «Nessun senso se non quello che le dai tu». Se era vero, al momento la sua vita era del tutto insensata.

Qualcuno suonò alla porta. Il poliziotto era ritornato.

Sul ripiano nero del tavolo c’era un vaso rosso di vetro con dentro un grosso bouquet di rose rosse e bianche. Su un gambo era fissato un biglietto. Le condoglianze da parte di qualche parente, pensò Fredrik.

«Che cosa faceva in Giappone?», chiese a Rickard, che sedeva davanti a lui dall’altra parte del grande tavolo.

«Si occupava di consulenze. Lui... cioè... aiuta le aziende a guadagnare più soldi, si può dire in maniera sintetica».

Aiuta le aziende a guadagnare più soldi, pensò Fredrik, sembra quello che un padre dice a un figlio piccolo.

«Aveva molti clienti?».

«In Giappone ne aveva soltanto uno, ma ne ha altri in Svezia e in Germania».

«E lì ha sempre lavorato per la stessa azienda?».

«Sì, è così».

«Si tratta di un periodo piuttosto lungo, se ho capito bene, no?», gli chiese Fredrik.

«Dieci anni, se si considera dall’inizio. Però si era stabilito laggiù soltanto negli ultimi due o tre anni. Il lavoro era diventato sempre più impegnativo».

Rickard Traneus aveva un’aria stanca. Era comprensibile.



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