Letters From Lexington: Reflections on Propaganda by Noam Chomsky

Letters From Lexington: Reflections on Propaganda by Noam Chomsky

autore:Noam Chomsky [Chomsky, Noam]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, archivio italiano
pubblicato: 2004-11-15T09:38:22+00:00


Cordialmente, Noam

13

Portare la pace

Cara LOOT,

«quando questa guerra sarà finita,» ha annunciato George Bush in gennaio «gli Stati Uniti, con la loro credibilità e affidabilità riaffermate, avranno un fondamentale ruolo di guida nel contributo al processo di pace nel resto del Medio Oriente». A guerra finita, James Baker si è recato subito nella regione, dove si è incontrato con gli israeliani e gli alleati arabi, ovvero le sei dittature familiari che gestiscono la produzione del petrolio nel Golfo, e i sanguinari tiranni che governano la Siria e l'Egitto.

In un «evento memorabile,» gli interlocutori hanno «approvato l'ampia cornice disegnata dal presidente Bush per affrontare i problemi nel Medio Oriente», tubava il primo corrispondente diplomatico Thomas Friedman1.

Anche i più critici sono rimasti impressionati. Anthony Lewis ha scritto che il presidente è «all'apice dei suoi poteri» e «ha inequivocabilmente chiarito che vuole portare la luce della speranza in quell'ipotetica creatura che è il processo di pace in Medio Oriente».

Helena Cobban ha trovato «una grande ispirazione» nelle parole di Bush secondo cui «è venuto il tempo di porre fine al conflitto arabo-israeliano», parole «pronunciate con serio impegno da un presidente all'apice dei suoi poteri» e comprese nella sua «ampia visione per la costruzione della pace in Medio Oriente». John Judis ha lodato il segretario di stato James Baker come la speranza della pace, una colomba che «è scesa in campo per appoggiare soluzioni multilaterali e diplomatiche» e ha «sottolineato come gli Stati Uniti debbano lavorare per risolvere il conflitto tra Israele e i palestinesi»2.

I redattori del «New York Times» hanno visto «un piccolo spiraglio per la pace». Così, «la sconfitta irachena dell'OLP... potrebbe portare in primo piano partner accettabili per i negoziati» tra i palestinesi, permettendo «trattative dirette fra Israele ed esponenti palestinesi rappresentativi», dove "rappresentativi" è una parola in codice che significa "accettabili per noi". Adottando gli stessi stilemi orwelliani, i redattori del «Washington Post» hanno convenuto che i colloqui tra Israele e gli stati arabi sono preferibili a una «conferenza internazionale improvvisata e impraticabile» e offrono «il modo migliore di assicurarsi che i palestinesi, una volta individuati i loro portavoce rappresentativi e plausibili, ricevano quanto spetta loro nella regione». Il «Wall Street Journal» annunciava che, per quanto «Bush speri in una soluzione», «anche i leader dell'OLP devono volerne una»3.

Poche settimane prima, i redattori del «Los Angeles Times» avevano ammonito i palestinesi che «dovranno fare meglio di Yasser Arafat,» anche se questi è «il loro vero rappresentante». Devono abbandonare la «dirigenza che ha abitualmente optato per un dogmatismo senza compromessi a spese della conciliazione, spesso usando l'assassinio politico per mettere a tacere le voci dell'opposizione moderata». Il giorno dopo, Israele ha arrestato un altro importante sostenitore palestinese del dialogo, il dottor Mamdouh al-Aker, poi sottoposto alle consuete torture e tenuto lontano dal suo avvocato per un mese: questa, da molti anni, è la vera storia delle «voci dell'opposizione moderata», regolarmente messe a tacere a favore di finzioni convenienti, come il «dogmatismo senza compromessi» di coloro che, per molti anni, sono stati assai più vicini



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