L'impero in bilico by Antonio Di Bella

L'impero in bilico by Antonio Di Bella

autore:Antonio Di Bella [Bella, Antonio Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2023-03-15T00:00:00+00:00


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Quando i discriminati eravamo noi italiani

C’è una serie televisiva statunitense di grande qualità (e di successo) prodotta a partire dal 2019: Godfather of Harlem (il padrino di Harlem). Lo straordinario attore afroamericano Forest Whitaker interpreta Bumpy Johnson, famigerato boss criminale di Harlem nei primi anni Sessanta. La serie si attiene rigorosamente alla realtà storica, ma con un taglio influenzato dalla nuova corrente woke, che punta a una rilettura della storia americana in chiave antirazzista. Bumpy Johnson è sì un criminale, ma grazie anche alle capacità istrioniche di Forest Whitaker, assurge a eroe della sua gente. Un Robin Hood che si riprende Harlem, dopo aver passato un lungo periodo in galera, lottando contro la mafia italoamericana. Poco importa che Johnson controllasse il traffico di eroina e contribuisse direttamente alla rovina di un’intera generazione di afroamericani. Il messaggio più potente è l’autonomia di un’etnia per troppo tempo discriminata.

Ma come spesso accade nel mondo americano, la qualità del prodotto artistico spesso supera quello che può essere un generale messaggio politico banalizzante.

La serie rileva come tutta la parte est di Harlem (oggi ispanica) fosse nelle mani degli italoamericani (oggi ne è rimasta lontana memoria in qualche ristorante). Il boss di East Harlem era Vincent «The Chin» Gigante, ex pugile, poi autista e guardaspalle del boss Vito Genovese, di cui assunse i poteri dopo il suo tramonto. Gigante e Johnson si affrontano senza esclusione di colpi, ma a un certo punto il boss italoamericano stringe un accordo con l’afro­americano, tradendo le storiche famiglie mafiose di New York. È un dettaglio rivelatore di un rapporto, quello fra italoamericani e afroamericani, che non è solo fatto di scontri come molti e ripetuti episodi di violenza possono indurre a credere.

In realtà i due gruppi hanno in comune una lunga storia di sfruttamento e discriminazione. Alla fine del 1800 molti proprietari terrieri del sud degli Stati Uniti, privati degli schiavi di colore dopo la guerra civile, li hanno sostituiti con la nuova manodopera a basso costo formata dall’ultima ondata migratoria: quella degli italiani. Chi veniva dall’Italia era nella stragrande maggioranza originario del Sud, soprattutto Calabria, Sicilia e Campania. I pregiudizi coltivati nel Nord Italia (fresco di unificazione) vennero importati rapidamente oltreoceano: i nuovi arrivati non venivano nemmeno considerati bianchi, per via della carnagione più scura, e vennero soprannominati «Guinea» come i Guinea pigs (porcellini d’India): qualcosa di più vicino a un animale che a un essere umano. «Esseri naturalmente violenti e inaffidabili» scrivevano i giornali americani. Il razzismo nei confronti dei neri veniva trasferito in blocco sui nuovi arrivati, che spesso condividevano i ghetti delle città del Sud, come New Orleans, proprio con la comunità afroamericana. Agli scontri per la sopravvivenza si alternavano alleanza e condivisione dei problemi comuni. Non è un caso che il primo disco di jazz fu inciso nel 1917 – fra gli altri – da Nick La Rocca, immigrato da Salaparuta, in Sicilia, alla fine dell’Ottocento e cresciuto a New Orleans.

Come non è casuale che lo sport degli ­«underdogs» per eccellenza, il baseball, abbia visto per anni eccellere campioni italoamericani e afroamericani.



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