Lo sport tradito. 37 storie in cui non ha vinto il migliore by Daniele Poto

Lo sport tradito. 37 storie in cui non ha vinto il migliore by Daniele Poto

autore:Daniele Poto [Poto, Daniele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Giochi olimpici, Mondiali di calcio, doping, match-fixing, partite truccate, giustizia sportiva
ISBN: 9788865791967
Google: 6_YfwQEACAAJ
editore: Abele
pubblicato: 2019-12-14T23:00:00+00:00


20. L’uomo che tentò di affossare il ciclismo

Se esiste uno sportivo che in ragione della mole dei propri successi e con la forza del proprio prestigio ha massimamente nuociuto alla credibilità dello sport praticato c’è un primo nome che viene in mente: Lance Armstrong.

All’inizio del nuovo millennio Armstrong era il Ciclismo. E poco dopo è diventato l’ex campione che ha più debilitato la credibilità della propria disciplina. Professionale in sella, è stato altrettanto professionale nella gestione del proprio storytelling e delle risorse del doping fino a stabilire l’incredibile filotto di sette Tour de France conquistati. Poi di colpo: zac, la rivelazione del peccato e la cancellazione di tutto. Con l’emersione di piazzati (i secondi e i terzi, presto dimenticati) improvvisamente vincenti ma chissà se vergini di doping.

Si può immaginare cosa ha significato per il ciclismo la riscrittura di un consistente pezzo di albo d’oro. Sette revoche dal 1999 al 2005, tutte nel segno della vittoria di Armstrong, l’impostore. Privato di un piazzamento modesto (ventitreesimo) anche due anni dopo, in parabola discendente.

Ma il boomerang della scoperta non torna perfettamente al punto di partenza. Si può fare della facile ironia sulle onorificenze collezionate in carriera da Armstrong. Quattro volte sportivo dell’anno per Associated Press oltre che per la Gazzetta dello Sport e Sport Illustrated, principe delle Asturie nel 2000. Un’industria più che un uomo, pronto a commuovere con il precedente del cancro. Caduto dal piedistallo non per confessione ma per una serie di prove e denunce dell’ambiente che hanno consolidato indizi e sospetti precedenti. E non si può dire che Armstrong sia caduto in piedi. Con lui dal piedistallo è caduto tutto il ciclismo e un’impossibile dichiarazione di purezza e di forza. Dove il ragionamento sottinteso è che se tutti si dopano alla fine vince il più forte. Lui, Armstrong?

E che dire del mondo del ciclismo dove un team è sponsorizzato da uno shampoo (Alpecin) che s’innerva su una pubblicità ampiamente provocatoria? Pagine di giornale con un titolo che è tutto un programma: «Alpecin: doping per i tuoi capelli» con il più tenue sottotitolo «Alpecin Coffein Shampoo aiuta a ridurre la comune caduta». Dove il concetto di doping è sdoganato. Dopatevi perché migliorate prestazione, salute e cura dei capelli.

Il ciclismo non è lo sport più controllato ma è quello che fa emergere il maggior numero di casi di doping. La Nado Italia, l’agenzia antidoping nostrana, nel 2017 ha eseguito 8.727 test complessivi con la preponderanza numerica del calcio (3.452 controlli), seguito da ciclismo (812), nuoto (781) e atletica (652). Ma il maggior numero di positività emerge dal mondo della pedivella con 11 casi. Prodotti dominanti nell’ordine: stanozololo, clostebol, testosterone, ormoni peptidici, prednisolone. Tra parentesi l’Italia si aggiudica il poco commendevole primato di «repubblica del doping». Ce lo assegna a inizio maggio 2018 la Wada riassumendo i risultati dei 229.000 controlli internazionali del 2016 e relativi esiti di positività. Riassumendo si può dire che nel rapporto controlli/positivi l’Italia è al primo posto. Un caso su dieci di doping veste il tricolore. Ciò nulla toglie all’acclarata serietà dei controlli nostrani.



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