L'orso. Storia di un re decaduto by Michel Pastoureau

L'orso. Storia di un re decaduto by Michel Pastoureau

autore:Michel Pastoureau [Pastoureau, Michel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-10-31T12:00:00+00:00


Capitolo sesto

La consacrazione del leone

Dopo l’anno Mille, la lunga guerra condotta dalla Chiesa contro l’orso fin dall’epoca merovingia, cominciò a dare i suoi frutti concreti. Eliminato fisicamente con sistematiche battute di caccia, sconfitto simbolicamente da un gran numero di santi, demonizzato nei testi, nelle immagini e nelle prediche, l’orso altomedievale finì per scendere dal suo trono, unirsi alla schiera degli animali comuni ed entrare semplicemente a far parte della selvaggina di grosse dimensioni come il cervo e il cinghiale. Certo, la sconsacrazione avvenne lentamente e non fu mai completa: in età feudale l’orso manteneva ancora, per certi versi, la sua antica condizione di animale regale, ammirato e temuto. Ma non era più la grande belva venerata delle foreste europee, il dio dei guerrieri, l’antenato fondatore di numerose dinastie celebri e bellicose, come quelle dei re di Danimarca e di Norvegia, dei margravi del Brandeburgo, dei conti di Tolosa o perfino di re Artù. Il suo trono vacillava sempre più, al punto che, fra XII e XIII secolo, dovette abbandonarlo definitivamente. La Chiesa aveva raggiunto il suo scopo.

Quel trono però, per quanto simbolico, non poteva restare vuoto. Le credenze popolari e la mentalità comune vi avrebbero di sicuro installato un altro animale, forse pericoloso come l’orso o addirittura più pernicioso, come la volpe, un’altra incarnazione del Maligno, o ancora più velenoso come il perfido e immondo serpente. Vescovi e clero presero dunque la cosa sul serio e scelsero di porre su quel trono immaginario un’altra belva, invincibile come l’orso e dunque ugualmente oggetto di timore, di ammirazione e di rispetto, ma assente dalle foreste europee: il leone.

A dire il vero, il terreno era stato preparato da molti secoli. La Chiesa non decise all’improvviso, tra il 1150 e il 1200, di sostituire l’orso con il leone. Anzi, da parte dei religiosi, si trattò di un piano di lunga durata, cominciato già in età carolingia e portato avanti in parallelo alle altre tre strategie di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti: combattere l’orso, domarlo e demonizzarlo. Tuttavia, ancora una volta, non fu un’impresa facile. Il leone apparteneva alle tradizioni scritte e sembrava dunque più semplice da dominare e da manipolare rispetto all’orso. Ma, come quest’ultimo, nella simbologia animale – e in particolare in quella che l’Occidente cristiano aveva ereditato dalla Bibbia – rivestiva un ruolo ambivalente: c’erano un leone buono e un leone cattivo. Come porre sul trono degli animali, in un’Europa ormai pienamente cristiana, una belva che, per buona parte, apparteneva ancora al bestiario diabolico? Come privarla delle sue caratteristiche negative? Fu necessario infrangere le regole, tentare molti esperimenti, vincere le resistenze, parlare del leone tutte le volte che se ne presentava l’occasione, poi distinguere accuratamente i leoni buoni da quelli cattivi e, per finire, cambiare la natura profonda di questi ultimi.

Di fatto, qualunque studioso abituato a consultare documenti medievali può constatare che, dall’età di Carlo Magno fino a quella di san Luigi, in Francia, ma anche negli Stati confinanti, i leoni si trovano ovunque, in ogni luogo, in ogni circostanza. Abbiamo



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