L'uomo che guardava attraverso i volti by Eric-Emmanuel Schmitt

L'uomo che guardava attraverso i volti by Eric-Emmanuel Schmitt

autore:Eric-Emmanuel Schmitt [Schmitt, Eric-Emmanuel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2022-11-21T23:00:00+00:00


Tre ore dopo è riuscito ad abborracciare un articolo abietto ma efficace, “Nuovi sviluppi nella tragedia di Charleroi”, un testo che dice tutto senza dire niente, che lascia intendere come la stampa sarebbe in possesso di più informazioni della polizia e dei servizi segreti, insomma, un violento attacco che bisogna leggere più volte prima di capire che è aria fritta.

Approfittando di una pausa telefono a Gisèle Gemayel, l’assistente di Éric-Emmanuel Schmitt. Con voce calda e solare mi conferma di essere stata messa al corrente e mi propone due appuntamenti: il giorno stesso o la settimana successiva. Scelgo la prima opzione.

Salendo sul pullman capisco che la gioia del mattino annunciava l’evento del pomeriggio: mi accingo a incontrare uno dei miei autori preferiti, uno di quelli che mi ha fatto venire voglia di dedicare la vita alla scrittura!

Arrivato in anticipo a Guermanty mi dirigo verso il bistrot che propone panini a un euro e mezzo. L’aria vuota e tersa mi riempie i polmoni. Quando spingo la porta tintinnante le conversazioni cessano e gli uomini ai tavoli mi guardano. Il titolare, un tipo gioviale, si accorge del mio imbarazzo e mi invita a sedermi al bancone, tanto per evitare gli occhi che mi scrutano.

Le conversazioni riprendono e coinvolgono anche me. Fisico appesantito, guance coperte di couperose e mani sciupate, quegli uomini hanno sempre esercitato, o esercitano ancora, mestieri che li espongono alle intemperie. Alla fine confesso che sono venuto a intervistare lo scrittore del villaggio.

«Ah, il signor Schmitt!» esclama il principale. «Passa davanti alla vetrina quando porta a spasso i cani. Ci saluta educatamente, ma non entra mai».

«E certo» risponde un cliente, «abita a due passi. Non ha bisogno di te per bere un bicchiere».

«Ti faccio notare che tutti, in questo caffè, abitano a due passi».

«Ciò significa, se non altro, che a casa sua non si rompe i coglioni!».

Scoppiano a ridere. Dietro quell’ilarità condivisa percepisco una malinconia nascosta, il dubbio di non aver fatto le scelte giuste nella vita, perché non annoiarsi a casa sembra loro una qualità invidiabile, molto più eccezionale del dono di scrivere o di creare.

All’ora stabilita faccio il giro della proprietà e mi presento davanti al grosso portone incastonato nei bastioni. Subito i cani ululano. Una voce contrariata gracchia nel citofono.

«Desidera?».

«Sono Augustin Trolliet. Ho appuntamento con il signor Schmitt».

Attimo di silenzio. Mi preoccupo. La voce arcigna e inospitale che ho sentito sembrava la sua.

«Va bene».

Sì, è lui.

Le pesanti ante di legno si aprono rivelando un giardino all’inglese. Dalla casa in lontananza spunta una muta di cani che si precipita verso di me abbaiando.

Dall’altro capo del prato Éric-Emmanuel Schmitt grida:

«Non abbia paura. Sono addestrati per dare l’allarme, non mordono».

In effetti i cani si fermano a due metri da me, ringhiano, mostrano i denti, mi impediscono di andare avanti, ma non attaccano.

Schmitt mi viene incontro. Sta uscendo da un altro mondo, senza fretta, la sua camminata conserva il proprio ritmo, ha gli occhi ancora fissi sulle sue riflessioni. Lo sto disturbando. L’ostilità dei cani emana da lui, esprime la sua selvaticità, il disappunto di essere stato importunato.



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