Martin Chuzzlewit by Charles Dickens

Martin Chuzzlewit by Charles Dickens

autore:Charles Dickens [Dickens, Charles]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-09-25T22:00:00+00:00


CAPITOLO XXVI

Un incontro inatteso, e una prospettiva promettente

Le leggi della simpatia tra barbe e uccelli, e la causa segreta di quell’attrazione che assai spesso induce chi rade le prime a essere un mercante dei secondi, sono problemi riservati ai ragionamenti sottili dei consessi scientifici; tanto più in quanto il loro studio sembrerebbe fatto apposta per non condurre ad alcun particolare risultato. Basterà sapere che l’artista il quale aveva l’onore di ospitare la signora Gamp al primo piano del suo alloggio, esercitava i due mestieri di barbiere e di venditore d’uccelli; e che questa non era una sua idea originale, in quanto, nelle viuzze e nei sobborghi della città, egli aveva tutta una schiera di concorrenti.

Il proprietario di casa si chiamava Paul Sweedlepipe, ma veniva comunemente chiamato Poll Sweedlepipe e molti dei suoi amici e vicini credevano davvero che fosse stato così battezzato.

Eccezion fatta per la scala e per l’appartamento privato dell’inquilina, la casa di Poll Sweedlepipe era un solo grande nido d’uccelli. Nella cucina risiedevano galli da combattimento; diversi fagiani sciupavano lo splendore del loro piumaggio dorato nella soffitta; nella cantina facevano il nido i più piccoli galli Bantam; i gufi si erano impossessati della camera da letto; e nella bottega cinguettavano e trillavano esemplari di tutte le specie di uccelli più piccoli. La scala era un luogo sacro per i conigli; là, in conigliere di ogni forma e di ogni dimensione, fatte con vecchie casse da imballaggio, cassette, scatole di cartone e cassetti, essi si moltiplicavano in misura prodigiosa e contribuivano, ciascuno per la sua parte, a quel complesso odore che, del tutto imparzialmente e senza fare distinzione di persone, accoglieva ogni naso nella bottega da barbiere di Sweedlepipe.

Ciononostante, erano numerosi i nasi che vi si recavano, specie la domenica mattina, prima dell’ora di andare in chiesa. Persino gli arcivescovi si radono, o devono farsi radere, la domenica, e le barbe incominciano a crescere, dopo la mezzanotte del sabato, anche sul mento dei vili meccanici; i quali, non essendo in grado di assumere valletti pagati con uno stipendio mensile, li assumono soltanto per quella bisogna, e li pagano – oh, la volgarità delle monete di rame! – con sudici pence. Poll Sweedlepipe, il peccatore, radeva tutti i suoi clienti per un penny a testa, e tagliava i capelli di chiunque si presentasse per due pence; e poiché era scapolo e aveva qualche conoscenza nel campo degli uccelli, tirava avanti abbastanza bene.

Era un ometto piccolo e anzianotto, con la mano destra appiccicosa e fredda dalla quale neppure i conigli e gli uccelli riuscivano a togliere l’odore del sapone da barba. Nell’indole di Poll v’era un che degli uccelli; non già del falco o dell’aquila, ma del passero, che nidifica sui comignoli e cerca la compagnia degli uomini. Non era litigioso, però, come il passero, bensì pacifico come la colomba. Camminando, si pavoneggiava, e sotto questo aspetto aveva una vaga somiglianza con il piccione, al quale somigliava anche per una certa banalità del modo di esprimersi che, con la sua monotonia, poteva essere paragonato al tubare di quell’uccello.



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