Morte sotto le macerie by Harald Gilbers

Morte sotto le macerie by Harald Gilbers

autore:Harald Gilbers [Gilbers, Harald]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Emons
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


19

Mercoledì 9 marzo – giovedì 10 marzo 1949

La sera, per una volta, la temperatura esterna si era fatta sopportabile, perciò Oppenheimer si mise in attesa davanti all’ingresso in pietra della villa di Hilde. Alle dieci, puntualissimo, un furgoncino a tre ruote entrò nel cortile con il motore a due cilindri sferragliante, e dopo una piccola deviazione si fermò davanti all’ingresso.

L’uomo al volante era poco più che un’ombra scura e non mostrò alcuna intenzione di uscire dal veicolo. Il commissario si avvolse per bene la sciarpa intorno al collo e scese i gradini. Non appena la portiera del passeggero si aprì, notò che l’autista portava un berretto con la visiera sulla testa e masticava uno stuzzicadenti. Era Paule, uno degli scagnozzi di Ede.

Oppenheimer si rannicchiò sull’angusto sedile, senza riuscire a evitare di spintonare Paule.

“Buonasera,” gli disse di buonumore.

“’Sera, signor commissario,” brontolò Paule. Non sembrava troppo entusiasta di dovergli fare da autista.

“Dove andiamo?”

“Quando ci arriviamo lo vede.” Con questa scortese risposta lasciò andare il pedale della frizione e uscì, sempre sferragliando, dalla tenuta di Hilde.

Guidò quindi tra le strade anguste immerse nel buio, sforzando fino al limite il motore di piccola cilindrata. Superato il Kolonnenbrücke svoltò a sinistra.

“L’appuntamento con Sfinge è nella zona sud?” chiese Oppenheimer.

Paule non rispose. Dopo qualche centinaio di metri svoltò a destra e proseguì poi a zig-zag in un intrico di vicoli notturni. Per tutto il tempo continuò a guardare agitato nello specchietto retrovisore, in cerca di eventuali pedinatori.

“Sono da solo,” tentò di tranquillizzarlo Oppenheimer.

“Devo stare attento lo stesso,” brontolò a denti stretti Paule. “Non stiamo mica giocando, lo capisce, sì?”

Dopo un po’ il commissario riuscì a orientarsi. Superarono la rotatoria di Friedrich-Wilhelm-Platz. Paule si prese tutto il tempo che gli serviva. Per tre volte girò intorno all’edificio in laterizi rossi della parrocchia Zum Guten Hirten, dopodiché sterzò all’improvviso in Kaiserallee e proseguì verso nord. Con una certa soddisfazione notò che non c’erano fari d’auto alle loro spalle.

Oppenheimer tenne la bocca chiusa per il resto del viaggio. Non serviva a nulla far irritare Paule, anche perché non aveva idea di cosa lo aspettasse. Se la situazione si fosse fatta preoccupante, avrebbe dovuto fare appello alla buona volontà del compare di Ede.

Ci volle una buona mezz’ora prima che Paule si decidesse ad accostare il veicolo poco lontano dalla Lehrter Bahnhof.

“Mi segua, ma si sbrighi!” ordinò a Oppenheimer prima di scendere.

Il commissario si affrettò a uscire dal furgoncino. Paule lo attendeva impaziente sul marciapiede, e a passi rapidi imboccò il Moltkebrücke.

Stava andando dritto verso l’edificio del Reichstag.

“Ma sul serio?” brontolò Oppenheimer. Trovava molto poco allettante l’idea di inoltrarsi al buio dentro quella rovina.

Senza disturbarsi a rispondere, Paule proseguì deciso. Dopo un po’ tirò fuori una torcia e l’accese. Un cerchio di luce illuminò il pavimento. L’area di fronte al Reichstag nel frattempo aveva preso il nome di Platz der Republik. Le macerie più grandi erano state rimosse e anche le lastre di cemento del bunker non si vedevano più. La vicinanza con il Reichstag e la Krolloper, luoghi così carichi



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