Musso Guillaume by francesca

Musso Guillaume by francesca

autore:francesca
La lingua: it
Format: mobi
pubblicato: 2012-05-18T19:35:25+00:00


Costa Azzurra Ore 7.00.

Il giorno che stava spuntando all'orizzonte colorava il cielo di strisce rosa. A metà strada tra Nizza e Cannes, la penisola di Cap-d'Antibes si fondeva in uno scrigno di rocce e di pini marittimi.

«Bisognerà che tu mi indichi la strada», dissi ad Alice mentre costeggiavamo il Mediterraneo.

Passammo accanto al prestigioso Eden Roc, poi Alice mi guidò fino all'ultimo portone dell'impasse du Sans-Souci. Era in quella cornice prestigiosa e paradisiaca, in mezzo ad alberghi di lusso e ville miliardarie, che i suoi genitori possedevano una casa di vacanze.

Il cancello era rimasto aperto. Un viale di ghiaia attraversava per più di duecento metri una pineta, prima di arrivare a una grande villa degli anni Trenta affacciata sul mare. Una donna longilinea e distinta ci aspettava sui gradini della casa. Alice aprì la portiera e si gettarono l'una nelle braccia dell'altra.

«Sono la signora Kowalski», disse la donna tendendomi la mano.

Doveva avere avuto la figlia da giovanissima, perché non dimostrava più di trentacinque anni. Aveva i capelli biondi raccolti in una sofisticata treccia-chignon, e lo sguardo chiaro e intenso. I lineamenti erano incredibilmente fini e delicati, benché una singolare cicatrice partisse dall'arcata sopracciliare per attraversare lo zigomo e arrivare all'angolo della bocca. Quell'oltraggio era così inatteso da suscitare un unico desiderio: conoscere le circostanze in cui era stato recato. Mi ringraziò per il mio aiuto e mi chiese se volevo un caffè, ma le spiegai che ero atteso altrove.

Quando risalii in macchina, Alice mi raggiunse per prendere la decina di macaron che non aveva ancora mangiato.

«Per la mia merenda», aggiunse strizzandomi l'occhio prima di raggiungere di nuovo da sua madre.

Aveva già percorso qualche metro, quando si voltò e mi disse seria: «Abbia cura di sé».

Ripartii in retromarcia e parcheggiai davanti alla spiaggia che segnava l'inizio del sentiero del litorale. Presi il revolver

dal vano portaoggetti, chiusi a chiave la BMW e, con la testa carica di ricordi, mi avviai a piedi per la strada.

Se ero nato a Auch, era stato però ad Antibes che avevo vissuto alcuni dei miei momenti più belli. Quando avevo quattordici anni, mio padre mi aveva mandato in collegio lì vicino, a Sophia-Antipolis. Un anno dopo, sulle mura del castello Grimaldi, avevo baciato Justine, il mio amore di ragazzo. In seguito era stato a La Bastide di Saint-Paul-de-Vence, poi all'Hotel du Cap che avevo diretto i miei ristoranti francesi.

Quei ricordi, riaffiorandomi alla mente, mi fecero rabbrividire.

Strano che il destino mi avesse ricondotto sul luogo dei miei primi successi in un giorno in cui ero al massimo della deriva.

Il sentiero era stretto, con vertiginosi dirupi a destra e sinistra. Saltai di roccia in roccia per stare più vicino alla scarpata che costeggiava le onde, e da cui si godeva un panorama unico sulla città fortificata, le cime innevate delle Alpi e le Isole di Lérins.

Mi fermai davanti al sole arancione che trionfava all'orizzonte. L'aria era pura e lo spettacolo non meno abbacinante della solitudine e dell'angoscia che mi tormentavano.

Una bella giornata per morire.

Tirai fuori la pistola di tasca. Mi



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