Parliamo dello stesso Dio? by Raimon Panikkar Pinchas Lapide

Parliamo dello stesso Dio? by Raimon Panikkar Pinchas Lapide

autore:Raimon Panikkar, Pinchas Lapide
La lingua: ita
Format: epub
editore: Jaca Book
pubblicato: 2021-12-17T00:00:00+00:00


CHE COSA APPREZZO DELLE ALTRE RELIGIONI E CHE COSA MANCA ALLA MIA?

LAPIDE: Lei mi fa riflettere, caro collega. Dopo tanti convegni interconfessionali e interreligiosi, ne proporrei uno nuovo. I rappresentanti delle principali religioni della terra – Est, Ovest, Nord e Sud – dovrebbero dibattere assieme su di un unico tema, su cosa apprezzano nella religione degli altri e non trovano nella loro. Per una volta verrebbero rovesciati i ruoli di un cliché secolare, ovvero di quanto sia buona la propria religione rispetto a tutte le altre. Proviamo a fare il contrario. Mostriamo cosa so apprezzare, da ebreo, nel cristianesimo, nell’induismo, nel buddhismo, e che cosa a casa mia – una casa che sarebbe auspicabile conoscessi – non trovo. Un ponte ecumenico del genere non sarebbe solo una garanzia per una autocritica senza sincretismo, ma promuoverebbe l’automoderazione, elogiando l’altro in modo finalmente esplicito ed effettivo.

Sottolineo due parole-chiave, che lei ha menzionato e che esigono una spiegazione incondizionata. La prima è elezione e la seconda è tolleranza. Elezione è un sostantivo ebraico, che ricorre ripetutamente nella Bibbia. Tuttavia l’elezione nell’ebraismo non è un dono, ma un compito, un compito pesante. Non è un contratto che Dio stipula con noi – Dio non fa contratti –, è un mandato di Dio per suscitare emulazione. E non è un onore, quanto piuttosto un fardello; si pensi alle parole di Ephraim Kishon, un grande umorista che di quando in quando coglie nel segno senza essere teologo: «Padre nel cielo, per tremila anni tu ci hai prescelto, e sappiamo entrambi, Padre, a che cosa ha portato. Al rogo, all’inquisizione e alle camere a gas. Fammi il piacere, Padre nel cielo, per una volta scegli i tedeschi».

E poi, per esaurire il tema: la parola-guida della Chiesa extra ecclesiam nulla salus non è o non era forse un pensiero d’elezione? – precisamente come il detto di Giovanni: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6).

L’altra parola-chiave è tolleranza, e non posso essere vago. Lei ha proposto tolleranza, un termine accolto dappertutto favorevolmente, che io, tuttavia, mi permetto di spiegare diversamente. La tolleranza poteva essere ancora una cosa positiva nel 1782, quando il Kaiser austriaco Giuseppe II amava concedere un brevetto di tolleranza, distante mille miglia da un’autentica parità di diritti e ancor di più da una parità di diritti di tutte le religioni. Oggi non è più sufficiente. Tolleranza in latino non significa soltanto sopportazione, ma anche patimento – tolerare! – e nella pratica la sopportazione è ciò che il più forte concede al più debole. Non è sufficiente che noi tolleriamo gli usi esotici o l’aspirazione di altre minoranze. Una tolleranza del genere è una semplice, fragile «concessione», che può essere revocata da un giorno all’altro, come dozzine di monarchi e sovrani hanno dimostrato. Ritengo che la «tolleranza» dovrebbe evolversi per diventare piena accettazione. Giungere a un dialogo a tre, forse, se Dio vuole, a un «multi-dialogo», a un dialogo multilaterale con le altre religioni, dove la totale, reciproca accettazione diventi la regola e nessuno sia più «tollerato», ma accettato quale figlio di Dio di pari dignità e valore.



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