Il ballo delle pazze by Victoria Mas

Il ballo delle pazze by Victoria Mas

autore:Victoria Mas [Mas, Victoria]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2021-01-25T23:00:00+00:00


Una piacevole luce pomeridiana illumina i prati del parco. È marzo, fa ancora fresco, ma nelle ultime settimane il sole è talmente mancato che alcune alienate sono uscite a godersi la temporanea schiarita. Contemplano passeri e piccioni sedute su una panchina, si trattengono presso un albero per accarezzarne la corteccia, spazzano il lastricato dei viali con l’orlo del vestito.

Una figura in bianco percorre lentamente il parco in lungo e in largo. Da lontano si riconoscono la statura e lo chignon biondo dell’Anziana. Guardandola meglio, il suo comportamento desta un po’ di stupore. Generalmente rigida nel suo camice e attenta al perimetro che sta controllando, quel pomeriggio sembra distante, pensierosa, indifferente a ciò che potrebbe succedere intorno a lei. Costeggia i prati con la testa china e le mani dietro la schiena camminando più piano del solito, senza neanche dare un’occhiata a quelli che incontra. Non si capisce se sia contrariata o malinconica, anche se è difficile immaginare l’Anziana malinconica. Per le alienate non è mai stata una fonte di conforto o di confidenza. Più che altro intimidisce, tanto che certe volte è capace di calmare una crisi con un semplice sguardo. Ciò nonostante è la colonna del settore, una presenza stabile e fedele ogni giorno dell’anno. Il buon svolgimento di una giornata dipende dal suo stato d’animo. L’atmosfera sarà rilassata se lei è rilassata, sarà tesa se lei è tesa. Così, vedendola camminare con aria palesemente smarrita, le alienate si chiedono cos’abbia e finiscono per sentirsi anche loro smarrite.

Mentre fissa il selciato senza vederlo è colta di sorpresa da una voce alla sua sinistra.

«Che aria tetra, Geneviève...».

Thérèse è seduta su una panchina. Con la faccia al sole sta sgranocchiando un cantuccio di pane e lanciando ogni tanto qualche briciola a passeri e piccioni che saltellano sul prato. La pancia tonda si solleva e si abbassa al ritmo del suo respiro. Geneviève si ferma.

«Oggi non lavora a maglia, Thérèse?».

«Faccio riposare le dita al sole. Vuole sedersi?».

«No, grazie».

«È una bella cosa il ritorno della primavera, il parco che torna a essere verde. L’umore delle ragazze è migliore».

«Anche per l’imminenza del ballo. Le rasserena».

«Devono pur pensare a qualcos’altro. E lei?».

«Io cosa?».

«A che pensa?».

«A niente in particolare».

«Non si direbbe».

Geneviève si volta per non darle ragione e infila le mani nelle tasche davanti del camice. Le due donne osservano il parco. Di quando in quando in lontananza, sotto le arcate, passa un fiacre trainato da un cavallo che attraversa al trotto i viali dell’ospedale. Vista da lì Parigi è distante ed estranea. Protetti dalla baraonda, dalle incertezze e dai pericoli della città si prova un certo conforto a vivere in quei luoghi senza rumore, ma, dato che i muri separano anche dalle libertà e dalle possibilità, se ne sentono pure le limitazioni e la mancanza di prospettive.

Thérèse sta continuando a tirare briciole agli uccelli raggruppati ai suoi piedi.

«Che ne pensa della nuova, la bruna che parla bene?».

«Per il momento è sotto osservazione».

«Lo sa che quella ragazza non è pazza, vero? Io le conosco, le malate mentali, e anche lei, Geneviève.



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