Piccolo bugiardo by Mitch Albom

Piccolo bugiardo by Mitch Albom

autore:Mitch Albom [Albom, Mitch]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2024-08-03T12:00:00+00:00


TERZA PARTE

1946

La verità è universale, si sente dire spesso.

Ma è una sciocchezza.

Se fossi veramente universale, tutti sarebbero d’accordo su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, su chi merita cosa, sul significato di felicità.

Eppure ci sono alcune verità che vengono vissute in modo universale. Una di queste è il lutto. Il vuoto nel cuore davanti a una tomba. Il groppo in gola nel vedere la vostra casa distrutta.

Il lutto. Ecco, il lutto è universale. Tutti, nel corso della propria vita, lo proveranno.

Salonicco, nel 1946, era un monumento al lutto. Una città di fantasmi. Rimanevano meno di duemila ebrei, quelli «fortunati» che si erano nascosti come animali braccati sulle montagne vicine, e quelli meno fortunati che si trascinavano a casa dai campi, morti ma in qualche modo vivi, alla ricerca di qualcosa ma senza sapere cosa, dal momento che avevano perso tutti i loro cari e tutto ciò che conoscevano.

Sebastian Krispis, ormai un adulto magro come uno scheletro, in una fredda mattina di febbraio si trovava davanti al numero 3 di via Kleisouras e bussava alla porta. Indossava un cappotto della Croce Rossa, dei pantaloni e una camicia presi in un’agenzia di soccorso e degli stivali che gli aveva regalato un compassionevole commerciante di scarpe polacco. Gli faceva ancora male la spalla a causa del proiettile che si era preso un anno prima.

Un uomo di mezza età con la barba e la camicia da lavoro andò ad aprire. Sebastian si raddrizzò.

«Salve, signore» disse in sefardí. «Mi chiamo Sebastian Krispis, sono figlio di Lev e Tanna Krispis. Questa è casa mia.»

«Ti?» rispose l’uomo.

«Questa è casa mia» ripeté Sebastian, passando al greco.

«Ma che dici?» disse l’uomo. «È mia. L’ho comprata.»

«Da chi?»

«Da un tedesco.»

«La casa non è mai appartenuta al tedesco. L’ha rubata.»

«Be’, a ogni modo l’ha venduta a me. L’ho pagata. Quindi è mia.»

L’uomo piegò la testa, studiando i vestiti di Sebastian. «Ma quanti anni hai? Sembri un adolescente. Torna dalla tua famiglia.»

Sebastian strinse la mascella.

Torna dalla tua famiglia? Aveva mal di testa da un anno, da quando si era svegliato in un ospedale di Cracovia con quel proiettile sotto la spalla. I medici non potevano rimuoverlo, dicevano, perché era troppo vicino a un’arteria principale. Sopra la ferita si era formata una cisti, ricordo perenne del terrore di Udo Graf.

Torna dalla tua famiglia? Sebastian aveva trascorso settimane in quel letto d’ospedale, poi mesi in un campo sfollati, dove i sopravvissuti si passavano i giornali alla disperata ricerca di parenti perduti. Aveva chiesto ripetutamente notizie del nonno, ma quando un sopravvissuto greco era arrivato e gli aveva detto che Lazarre era morto nell’infermeria, Sebastian non aveva avuto nemmeno il permesso di uscire e cercare il corpo. Anche lì gli ebrei erano trattati come detenuti. A volte erano costretti a condividere gli alloggi con i nazisti catturati.

Torna dalla tua famiglia? Col passare dei mesi, alcuni gruppi di ebrei di buona volontà avevano cercato di creare una vita culturale per i rifugiati, invitando insegnanti e organizzando eventi sportivi. Avevano chiesto a Sebastian se voleva partecipare a un musical.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.