Pompei by Robert Harris

Pompei by Robert Harris

autore:Robert Harris [Harris, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:45:11+00:00


Anche la vegetazione era scolorita e avvelenata.

Il cadavere giaceva sul fondo, di fianco, con le braccia in fuori che non erano riuscite a raggiungere una mezza zucca vuota una volta piena d’acqua e un cappello di paglia, come se lo sconosciuto fosse morto nel tentativo di afferrarli. Doveva trovarsi lì a putrefarsi per il caldo da almeno due settimane.

Ma era sorprendente notare come non fosse stato attaccato dagli insetti o morso da uccelli o animali. Sul suo corpo semicotto non svolazzavano sciami di mosche, sembrava anzi che la sua carne bruciata avesse avvelenato le creature che avevano tentato di cibarsene.

Attilio inghiottì a vuoto più volte per non vomitare. Aveva capito immediatamente che doveva essere Esomnio. Era scomparso proprio da due settimane, e chi altri si sarebbe avventurato lassù in pieno agosto? Ma come faceva a esserne certo, non avendolo mai visto di persona? Riluttante a scendere in quel letto di morte, si costrinse ad accovacciarsi sul bordo della depressione e fissò a lungo il viso annerito.

Vide una fila di denti scoperti, simili a semi in un frutto scoppiato; un occhio spento e semiaperto puntato sul braccio proteso. Non si vedeva traccia di ferite, ma tutto il corpo livido e in suppurazione assomigliava a una ferita. Che cosa poteva averlo ucciso? Forse era rimasto vittima del caldo, forse il suo cuore aveva ceduto. Attilio si protese verso il cadavere, cercando di muoverlo con la punta del bastone, e si sentì sul punto di svenire. Puntini luminosi si intrecciarono danzando davanti ai suoi occhi e lui rischiò di cadere in avanti, ma riuscì a trattenersi. Poi raspò con le mani nella polvere e si tirò su, boccheggiando.

«… l’afflato dell’aria corrotta stando vicino al terreno stesso».

La testa gli martellava. Vomitò del liquido amaro e dal sapore di bile, e stava ancora tossendo e sputando quando udì di fronte a lui lo schiocco di un ramo secco che veniva spezzato dal piede di qualcuno che si avvicinava. Sollevò intontito lo sguardo. Dall’altra parte del cratere, a non più di una cinquantina di passi, un uomo si stava dirigendo verso di lui.

Attilio pensò dapprima che fosse una delle visioni provocate dall‘“aria infetta” e con uno sforzo si alzò, barcollando come un ubriaco, sbattendo le palpebre per scacciare il sudore, cercando di mettere a fuoco la vista. Ma la figura continuava ad avanzare, incorniciata dai getti sibilanti di vapore solforoso, con in mano un pugnale dalla lama scintillante.

Era Corace. Attilio non era in condizioni di combattere. Avrebbe dovuto fuggire, ma non riusciva quasi a sollevare i piedi.

Il caposquadra si avvicinò cautamente, chino in avanti, con le braccia spalancate, molleggiandosi da un piede all’altro, senza mai staccare gli occhi dall’ingegnere come se si aspettasse un tranello. Lanciò una rapida occhiata al cadavere, guardò accigliato Attilio e poi tornò ad abbassare lo sguardo.

152

– Che è successo, dunque, bel giovane? – gli chiese sottovoce. Sembrava quasi offeso. Aveva preparato quell’agguato in tutti i dettagli, aveva fatto un lungo viaggio per metterlo a segno, aveva atteso nell’oscurità che facesse giorno



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.