Processo all'italiana by Piercamillo Davigo & Leo Sisti;

Processo all'italiana by Piercamillo Davigo & Leo Sisti;

autore:Piercamillo Davigo & Leo Sisti; [Davigo, Piercamillo & Sisti;, Leo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
ISBN: 9788858104040
editore: edigita
pubblicato: 2012-11-14T23:00:00+00:00


La vittima

C’è una categoria di individui che il codice non tratta adeguatamente rispetto alle situazioni che li vedono, malgrado tutto, protagonisti. Sono le “persone offese dal reato”, le vittime di azioni illecite provocate da altri. Hanno subìto un torto, pagato a volte con la vita, a volte con altri eventi sfortunati. Spesso i loro parenti sono trascurati dalla stampa quando si celebrano processi che li riguardano da vicino. I media si limitano a cercarli appena escono libri o film che, di fatto, “esaltano” le gesta di assassini o terroristi.

Il codice tutela essenzialmente il diritto alla difesa dell’imputato. Certo, la vittima del reato ha dei diritti. Ha il diritto di essere informata, se lo domanda, su eventuali archiviazioni o richieste di proroga delle indagini; può opporsi all’emissione del decreto penale; ha diritto di essere citata per l’udienza preliminare e per il dibattimento per potersi costituire parte civile; può, appunto, costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento dei danni; può ricorrere in appello e anche in Cassazione per salvaguardare i propri interessi civili. In un caso avrebbe potuto addirittura impugnare, agli effetti penali, per i reati di ingiuria e diffamazione: così prevedeva l’articolo 577 del codice di procedura penale15. Ma questa rara disposizione “a favore” è stata in seguito cancellata insieme alla legge sull’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, poi dichiarata in parte incostituzionale (legge 20 febbraio 2006, numero 46).

Quando il giudice emette una sentenza di assoluzione, il pubblico ministero può presentare appello, mentre la vittima può soltanto sollecitare il pm ad impugnare e può farlo, direttamente, soltanto per difendere i propri interessi civili.

Tutto questo è ingiusto. La vittima dovrebbe pretendere non soltanto una riparazione per quanto ha subìto, ma anche il suo buon diritto di “essere” vittima.

Proviamo a ricordare quando il tema della giustizia statale entra nel dibattito dell’Europa moderna. Esattamente quando, archiviata l’anarchia feudale, il re lancia la nuova “linea”: «Basta, mettete via le spade. Farò io giustizia». Se il re non fa più giustizia, però, le spade ritornano sulla scena. Fuor di metafora: chi ha sofferto per un grave delitto, ha diritto non solo al risarcimento dei danni, ma anche di vedere punito il responsabile. Invece attualmente il codice gli consente di chiedere il risarcimento dei danni ma non di interloquire sulla pena inflitta.

Per eliminare questa limitazione basterebbe consentire alla vittima di poter impugnare una sentenza con gli stessi diritti del pubblico ministero. Il che significherebbe rovesciare lo spirito del codice: ampliando il perimetro dei diritti della “persona offesa”, oggi invece piuttosto stretto.

Un altro intervento auspicabile, sempre sul piano delle innovazioni giuridiche, riguarda quelle vicende nelle quali le vittime sono migliaia. Tipico esempio, il procedimento per il reato di aggiotaggio nella vicenda Parmalat, giudicato a Milano con 40 mila parti civili. Tutte avrebbero avuto il diritto di intervenire sulle prove dedotte da altri16. Non l’hanno fatto per una ragione comprensibile: il processo sarebbe stato fulminato dalla prescrizione.

Tuttavia, è sufficiente pensare alle difficoltà che avrebbe comportato l’appello dei presenti a inizio udienza per comprendere come poter ovviare: rifacendosi alla class action, che sarà pure legge ormai in Italia, ma con un meccanismo complesso.



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