Quattro avventure di Tobaico by Vitaliano Brancati

Quattro avventure di Tobaico by Vitaliano Brancati

autore:Vitaliano Brancati [Brancati, Vitaliano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


INCONTRO CON GIUSEPPINA

Il nove gennaio del 1912, se qualcuno ancora lo ricorda, si fece, dopo il tramonto, molto luminoso, a causa del vento che irruppe dal settentrione, sollevando le poche nuvole, già diventate grige, in quella parte di cielo ancora colpita dai raggi del sole, ove, da smorti vapori ch’erano stati, parvero cambiarsi in tende e tappeti sfolgoranti. Gl’interni delle case rividero, più dorato e felice, il lume di una giornata che avevano già salutato per sempre.

«Diamine!» disse Tobaico. «S’è levato il vento. Qui i vetri tintinnano ch’è un piacere! Sono molto nervoso e non posso sentire questo rumore! Non potremmo andare in una stanza più riparata?»

«Sì… Come no?» fece confuso il professore Laprua. «Ma dove?»

«Forse di là!» aggiunse timidamente Luigi, accennando con uno sguardo il vano della porta che dava nel piccolo corridoio.

«Già, è vero: nello studio! Venga, sì!… Non ci avevo proprio pensato!»

Un minuto dopo, Luigi si trovava così vicino alla terrazza dei Chiarella che le foglie di capelvenere, ammucchiate sulla balaustra, ergendosi a ondate e cavalloni, gli pareva lo volessero acchiappare. Egli diceva ogni momento: «Diamine!… Francamente!… Ohi, ohi, ohi!».

La sola vista di quel vento, così vivo per lui nel palpito di foglie di una tale terrazza, gli rendeva difficile la respirazione, dentro la stanza difesa dai vetri, tiepida e quieta. Non prestò più attenzione ai discorsi di Laprua che, da vero liberale, riferiva, con rispetto e scrupolo, non solo le opinioni di filosofi e poeti, ch’egli aveva letto in gran numero, ma anche di uomini oscuri, privi di qualunque autorità, all’infuori di quella che avevano per lui come amici e, infine, come uomini. Diceva infatti Laprua: «Nenè il farmacista, il 9 maggio del 1907, uscendo dalla Birreria, mi disse testualmente: “Non credo che la Francia ce la faccia contro la Germania!”», quando Tobaico gettò un piccolo grido e fu sul punto di svenire: nella terrazza era apparsa Giuseppina e un colpo di vento l’aveva subito depredata di alcuni nastri, fazzoletti, e finanche di una forcina. Questi oggetti volavano intorno a lei, che inutilmente cercava di riprenderli a ciascuno sorridendo come per convincerlo di venir giù: ma essi sfrullavano da tutte le parti, e uno anzi, che agli occhi di Tobaico aveva preso l’aspetto di una colomba illuminata, venne verso il balcone di Laprua e picchiò sui vetri.

«Oh, il fazzoletto della signorina!» esclamò premuroso Laprua, spalancando il balcone e raccattando un velo ricamato di due stemmi, che gli fu subito strappato di mano da Tobaico.

Giuseppina si era avvicinata alla balaustra, e sorrideva verso la stanza. Tobaico poté vederla da vicino e segnare furiosamente nella memoria un piccolo neo ch’ella aveva sul collo, furiosamente segnarlo, come chi s’immerge una lama nel petto in modo che nessuno gliela possa strappare senza togliergli insieme la vita.

Il professore uscì sul balcone, facendo a Tobaico, con la mano dietro la schiena, segno di seguirlo; ma Tobaico non volle uscire, perché temeva che il vento gli alzasse in aria i capelli, dandogli quell’aria di malato, in odio alla quale, una mattina, aveva parlato



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