Rap. Una storia italiana (Italian Edition) by Paola Zukar

Rap. Una storia italiana (Italian Edition) by Paola Zukar

autore:Paola Zukar [Zukar, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Genres & Styles, Rap & Hip Hop, Biography & Autobiography, Composers & Musicians, Music
ISBN: 9788868650810
Google: F2M0DgAAQBAJ
Amazon: B06X9W53X1
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2017-02-15T00:00:00+00:00


Sembra davvero incredibile però che gli italiani, dopo tutti questi anni, non abbiano ancora maturato la regola numero uno della televisione: ovunque ci siano delle telecamere non può esistere la realtà al 100%, non può esistere la verità. Niente di male, è intrinseco al concetto stesso di Tv, ma sarebbe un gioco più leale se tutti lo sapessero, se guardassero la Tv con un occhio più critico e meno passivo.

Parental Advisory Explicit Lyrics

You can suck my dick until your lips fall off

I’ve had it up to here with this bullshit

To each I preach without a pulpit

Pause I don’t do, nails I don’t chew

Whenever I fix my mouth to say, FUCK YOU!

Willie D, Fuck ‘Em, «The Geto Boys», 1990

In Italia non c’è alcun obbligo di aggiungere alcun bollino, alcun adesivo che avverta del contenuto potenzialmente offensivo dei contenuti di un album. Non c’è mai stata una legge italiana che pretenda si segnalino i testi espliciti per cui è richiesto un controllo parentale, vietando la vendita di certi dischi ai minori, come se fossero film per adulti. L’adesivo TESTI ESPLICITI che avete visto fino a oggi sui dischi l’ha aggiunto Fibra perché gli piaceva l’idea di averlo, perché lo vedevamo nei dischi americani, perché anche quello ci dava l’idea di qualcosa di autentico. Perché pensavamo erroneamente che potesse in piccola parte tutelarci da fraintendimenti vari. Ci sbagliavamo. La legge italiana non contempla nemmeno che ci possano essere canzoni di denuncia, non si immaginano neanche che ci possano essere dei testi espliciti nella musica, con parole dure, sporche, situazioni limite, da tanto sono abituati a sentirla innocua e sempre sulle solite tre tematiche. Il problema lo fanno nascere dopo, quando fioccano le denunce per dei contenuti che secondo loro non dovrebbero nemmeno appartenere a dei dischi di musica leggera. In Italia non si sono nemmeno posti il problema. Sulla sentenza del Tribunale di Milano relativa a una canzone che contiene testi espliciti, appunto, appare la frase: «Non vi è spazio alcuno per invocare la scriminante dell’esercizio del diritto di espressione artistica e letteraria, ammettendo che di opera di tal genere si possa parlare nella specie».

Caro Giudice di Milano, forse nell’aula del tuo Tribunale puoi mettere in dubbio che si tratti di una canzone e puoi quindi arbitrariamente equipararla a un coro da stadio contro la polizia, a un articolo diffamatorio su un giornale, a un insulto plateale, ma nel mondo reale tremila persone che cantano questo testo lo riconoscono subito come una canzone, sanno riconoscergli eccome una forma artistica e letteraria, sanno che non si tratta di diffamazione, ma casomai di satira. Certo che se il Giudice del Tribunale di Milano ascolta le canzoni del Festival di Sanremo e basta, riconoscerà solo quelle come canzoni e potrà domandarsi all’infinito se e come esiste la «scriminante dell’esercizio del diritto di espressione artistica e letteraria». Siamo indietro di cinquecento anni. Aggiunge il Giudice: «Se la deliberata provocazione, per di più con un linguaggio ostentatamente osceno, viene rivendicata dall’imputato come la “cifra” delle sue produzioni, peraltro



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