Robespierre. Una vita rivoluzionaria by Peter McPhee

Robespierre. Una vita rivoluzionaria by Peter McPhee

autore:Peter McPhee
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2015-10-05T04:00:00+00:00


Ma non c’era tregua, poiché ora i sans-culottes militanti insistevano che – come da bozza di Robespierre della Dichiarazione dei diritti – loro avevano il diritto di revocare deputati «antipatriottici». Volevano vendetta contro la leadership girondina.

Poiché i deputati montagnardi erano quelli che per missioni militari o d’altro tipo avevano maggiori probabilità di essere assenti alle sedute della Convenzione, i girondini a volte riuscivano ancora a usare la Convenzione per i propri fini. Il 12 aprile, nel corso di un dibattito sulla liberazione di coloro che erano stati imprigionati per debiti, il ministro della Giustizia Pétion aveva fatto una digressione per pronunciare una minaccia: «È tempo che i traditori e i calunniatori vadano al patibolo, e io qui prometto di perseguirli sino alla condanna a morte», includendo evidentemente Robespierre. Quando questo intervenne per dirgli che «si attenesse al tema in discussione» Pétion promise: «Tu sarai quello che io perseguirò». In realtà quel giorno era Marat il bersaglio dei girondini: con 226 voti contro 93 fu deciso di metterlo in stato d’accusa. Tre giorni dopo, la Convenzione fu interrotta da delegati delle sezioni di Parigi con una petizione che denunciava per ritorsione la condotta di ventidue deputati della leadership girondina.52

Sul finire di dicembre, Robespierre era intervenuto nei dibattiti della Convenzione sull’immunità dei deputati: una reazione alle richieste popolari a Parigi che i deputati «antipatriottici» – ossia, i girondini – fossero sostituiti.53 Per lui, soltanto «il popolo» poteva revocare i deputati, e soltanto dopo regolare processo; la Convenzione non poteva per propria sola decisione espellere deputati: «Ciascun deputato appartiene al popolo, non ai suoi colleghi». E, in aprile, si era di conseguenza opposto alla messa in stato d’accusa di Marat da parte della Convenzione. In marzo e aprile, Robespierre era fermamente convinto che un’insurrezione contro i deputati girondini – per quanto legittima fosse l’ira popolare – avrebbe reso la «rappresentanza nazionale» troppo vulnerabile.

Dopo che i girondini ebbero organizzato una dimostrazione, il 1º maggio, in cui alle grida di «Vive la loi!» si mescolavano – a quanto si disse – grida di «Vive le roi!», nelle sezioni i discorsi su una petizione di massa contro i «malvagi mandatari», secondo i rapporti della polizia, si erano radicalizzati sino all’espressione del desiderio di una «insurrezione imminente» contro di loro.54 Alla fine di maggio, Robespierre era finalmente arrivato a trovarsi d’accordo con i militanti, proprio come lo era stato il 10 agosto 1792. L’innesco immediato venne dalla lettura al Club dei giacobini, il 26 maggio, delle lettere che Vergniaud aveva scritto al popolo di Bordeaux, al quale faceva appello perché lo vendicassero se fosse morto: «Uomini della Gironda! Tremate di fronte a questi mostri intrisi di sangue, in cui la malvagità eguaglia la codardia? Se rimanete apatici, il crimine regnerà e la libertà sarà annientata». Pur provando disagio di fronte alle sezioni di Parigi che imponevano l’espulsione dei dirigenti girondini dalla funzione di «mandatari del popolo», Robespierre razionalizzava la loro azione come legittima espressione della «volontà generale» e solo modo per superare l’impasse cui era giunta la Convenzione.



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