Romanzi e prose III by Paolo Volponi

Romanzi e prose III by Paolo Volponi

autore:Paolo Volponi [Volponi, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-07-21T12:00:00+00:00


Guido sentí, appena chiuso il portone, l’aria notturna sul suo corpo; gli arrivava dal collo e dal petto dove la sola camicia di seta non lo riparava. Anche il suo vestito blu era leggero, estivo, e invece del cappotto, di colore chiaro, si era messo un impermeabile scuro.

Saliva la strada adagio per non scomporsi, con le mani in tasca. Aveva tre fazzoletti da naso e un altro nel taschino, la chiave del portone e il pacchetto di sigarette che Viviani gli aveva dato il giorno prima: nella tasca sinistra dei pantaloni teneva arrotolati i fogli di circa duemila lire. Si fermò in un bar a bere un caffè per essere piú sostenuto e per non aver sete almeno all’inizio dei balli.

Incontrò Alberto vestito quasi come lui, solo con un impermeabile chiaro, quasi bianco, cosí stralavato da scendergli dalle spalle con le pieghe di un lenzuolo. Alberto aveva un colletto bianco inamidato, altissimo. Si accorse che Guido glielo aveva guardato con ammirazione e disse sorridendo: – Era di mio padre. Avrà gli stessi anni dello storico veglione –. Guido aprí il suo pacchetto di sigarette e ne offrí una anche ad Alberto, pensando che un pacchetto iniziato, con la carta d’argento un poco spiegazzata, poteva essere piú elegante.

Alberto lo ringraziò per quella Turmac, che si accese insieme a Guido.

– Perché non te la lasci per dopo? – gli chiese Guido.

– E perché? Tu me l’hai regalata e io la fumo insieme con te. Io non ho mai messo le Nazionali nel pacchetto delle Turmac e adesso che ne ho una, la fumo subito. Non ho da fare bella figura. Aspetto il pompiere che mi faccia entrare.

– Arrivederci, – disse Guido, e uscí dirigendosi al teatro per il veglione della Vittoria.

Guido si preparava, passo per passo, sotto il loggiato. La sua speranza era di ballare con la Cancellieri. Guardava la nebbia scendere a folate dagli orti dell’Arcivescovato e assorbire la luce al margine degli archi delle logge; subito dietro, appena il suo lievito scuro fosse montato tutto, ogni cosa del paesaggio e della stagione poteva davvero sparire o crollare o cambiare posto. Giú i rumori si allineavano uno dietro l’altro, quelli vicini e quelli lontani. Il teatro, per quanto vi affluissero le comitive parlando, era preso alle porte dai rumori del mercatale e delle vallate, di quel vuoto rombante tutto intorno alle mura. Guido era toccato dalla invasione delle cose, e ne aveva un presentimento che però non riusciva a definire.

Nella semiluce delle porte il suo vestito gli apparve bellissimo, con la cravatta d’argento che sporgeva. Alzò un lembo dell’impermeabile, mise una mano nella tasca sinistra dei calzoni, tirò fuori tutto il suo denaro e chiese un biglietto. Entrò e rimase un momento nell’andito, a misurare i modi del suo ingresso. C’era ancora poca gente che si avviava verso le scale dei palchi. I battenti della porta di velluto verde, con gli ovali di vetro, erano aperti e agganciati e Guido vide l’impiantito della platea bianco di talco. Il teatro riusciva ancora a scintillare pur cadendo a pezzi.



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