Rosso di sera. Quando c'era Berlinguer by Gianni Solino

Rosso di sera. Quando c'era Berlinguer by Gianni Solino

autore:Gianni Solino [Solino, Gianni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La meridiana
pubblicato: 2022-06-09T22:00:00+00:00


LAVORO

Sulle colline aretine in quel periodo era un via vai di personaggi importanti, famosi, potenti. Villa Wanda diventò il crocevia dei maggiori affari e intrallazzi di una certa Italia a tinte scure. A un certo punto due coraggiosi magistrati, Gherardo Colombo e Giuliano Turone, seguendo le tracce di uno strano rapimento di un uomo d’affari siciliano, a metà fra il faccendiere e il mafioso, Michele Sindona, ordinarono la perquisizione di quella villa che sempre di più appariva coinvolta nelle più strane e disparate vicende, dal comune denominatore dei soldi, tantissimi, e dei misteri. Oltre alla villa furono perquisite anche alcune aziende dello stesso proprietario della villa. Forse nessuno si aspettava il risultato di quella perquisizione, cioè la scoperta della più grande e potente consorteria affaristica della storia d’Italia. Insieme, vertici delle istituzioni, servizi segreti, giornalisti, magistrati, finanzieri, potenti di ogni sorta e criminali di ogni risma. Era stata scoperta la Loggia P2.

Licio Gelli, fino ad allora un innocuo uomo d’affari neanche tanto di successo, tirava le fila di una organizzazione segreta che manovrava vicende di stato, affari miliardari, traffici occulti, carriere e nomine ai più alti livelli delle istituzioni e delle imprese di stato. La lista dei quasi mille aderenti a quella loggia massonica coperta era incredibile. C’erano due ministri e cinque sottosegretari del governo in carica, 119 alti ufficiali (50 dell’Esercito, 37 della Guardia di Finanza, 32 dei Carabinieri), 22 dirigenti di Polizia, 59 parlamentari, un giudice costituzionale, 8 direttori di giornali, 4 editori, 22 giornalisti, 128 dirigenti di aziende pubbliche, diplomatici e imprenditori. Nell’elenco degli iscritti comparvero i nomi di Silvio Berlusconi, Vittorio Emanuele di Savoia, Maurizio Costanzo, Alighiero Noschese (morto suicida più di due anni prima della scoperta della lista), Claudio Villa, Paolo Mosca e il personaggio televisivo Fabrizio Trecca (capo gruppo). Altri piduisti furono lo stesso Michele Sindona e Roberto Calvi, Umberto Ortolani (allora proprietario della Voxson), il costruttore romano Mario Genghini, l’imprenditore Gabriele Cetorelli (attivo nel settore della grande distribuzione), Leonardo Di Donna (presidente dell’Eni), Duilio Poggiolini, insieme a tutti i capi dei servizi segreti italiani e ai loro principali collaboratori.

Le conseguenze di quella scoperta potevano essere dirompenti per il cosiddetto “sistema di potere democristiano” che aveva retto le sorti del Paese dal dopoguerra fino ad allora. Infatti, finì in un cassetto, ce la infilò l’allora presidente del consiglio Arnaldo Forlani, uomo mite dall’eloquio incomprensibile, capace di parlare ore senza dire niente, che era l’elisir di lunga vita dei politici dell’epoca. Il segreto, naturalmente, non poteva essere conservato troppo a lungo, ma di sicuro quanto bastava per “mettere in sicurezza” chissà quali affari, vicende, trame. Due mesi dopo fu tirata fuori e lo scandalo, uno dei maggiori che abbia colpito la Repubblica, benché ritardato, finalmente scoppiò. Venne creata una commissione parlamentare guidata dall’onorevole Tina Anselmi, democristiana ma anche partigiana, che con coraggio e ostinazione provò, senza troppi risultati, a indagare e scavare in quei misteri “pericolosi”, a tirare fuori verità scomode, a denunciare quello che a tutti gli effetti era il disegno di un cambio



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