Salviamo Firenze by Doninelli Luca

Salviamo Firenze by Doninelli Luca

autore:Doninelli Luca [Doninelli, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2012-09-14T22:00:00+00:00


Io però, dopo aver detto che tale è la mia ragionevole speranza, raccomando innanzitutto a me stesso di non prendere troppo sul serio questo sia pure augurabile make-up, questo scintillio di architettura e di arredo urbano, che va rassomigliando tra loro, a poco a poco, tutte le città, trasformando i loro beni più unici e preziosi in altrettante porzioni di uno spazio continuo e tutto sommato uniforme da Firenze a Tokyo: in altrettante cioè funzioni spaziali, in altrettanti volumi, in altrettanti spazi di socialità eccetera eccetera. L’illusione che un dramma – ogni grande città ha il suo – possa essere risolto mediante una soluzione essenzialmente organizzativa (in questo caso: l’organizzazione dello spazio) è molto forte.

Forse è vero che questa illusione ebbe i propri natali proprio qui, quando questo concetto fortemente instabile, “uomo”, conobbe la sua prima deflagrazione. Impossibile stabilire una qualsiasi antropologia se l’uomo viene assunto come un assoluto. L’uomo si riesce a definire (e quindi a educare, a sviluppare culturalmente e socialmente) solo in relazione con qualcos’altro, il nome che diamo a questo altro è decisivo per tale definizione.

Eppure, qui si scaldarono i forni per fondere la materia dell’Uomo Assoluto, e il fascino intramontabile del racconto che Cellini fece della fusione del suo Perseo è forse dovuto proprio al presentimento, che ci viene dalla lettura, che non si stia trattando solo della fusione di una statua di bronzo, ma di molto di più. Quando mi soffermo, impossibile non soffermarsi, ad ammirare l’anonimo capolavoro di fine Quattrocento custodito a Urbino e noto come Città ideale, non posso non riflettere sul fatto che paesaggi urbani analoghi (anche se non di pari bellezza) sono stati realizzati, nella storia, o da regimi totalitari o da poteri comunque molto forti. Un vento di violenza spira da tanta perfezione: quartieri sventrati e rasi al suolo, gente sfollata e sistemata in case brutte e anonime, rivolte (se mai ve ne furono) spente con le armi. Proprio perché senza rapporti, l’Uomo Assoluto vive di utopie, è egli stesso un’utopia, il sogno di un uomo senza ferite, e dunque di un uomo che non esiste. E realizzare un uomo senza ferite, sempre che sia possibile, impone l’uso della violenza.

L’umanesimo di Brunelleschi non fu così, e secondo me nemmeno quello di Masaccio. Brunelleschi non sogna l’eliminazione di quello che la storia ha accumulato, ma crede che le epoche possano comunicare tra loro, e che un’epoca nuova abbia il dovere morale di connettersi alla precedente situandola in un contesto più grande, e fornendole una nuova chiave di lettura, ma senza imporle stravolgimenti interpretativi: il vecchio continua a vivere dentro il nuovo, la personalità antica continua a vivere in un corpo sociale e civile nuovo. Brunelleschi non taglia, non separa, non elimina alcun aspetto scomodo del mondo e del tempo, la sua via è e rimane un’altra.

Quello che Firenze ha ucciso dentro di sé è questo dialogo delle epoche. Qui sta il problema, non nel quattrocentismo a oltranza dei suoi cittadini. È un problema pre-educativo, pre-formativo: è un problema di trasmissione della conoscenza.



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