Solo bagaglio a mano by Gabriele Romagnoli

Solo bagaglio a mano by Gabriele Romagnoli

autore:Gabriele Romagnoli [Romagnoli, Gabriele]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: ace1b21c29b8abc5ff2e6000d4df81c40d13567f
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2015-09-01T16:00:00+00:00


Funes el memorioso si è reincarnato spesso.

Per esempio in Jill Price, una donna della California, o in Brad Williams, un uomo del Wisconsin. Entrambi ricordano tutto. Basta dire loro una data e rievocano avvenimenti precisi che vi sono accaduti, nella loro privata esistenza come nella cronaca che si fa storia. Tutti e due sono stati messi sotto osservazione dallo stesso neurobiologo, il dottor James McGaugh, superando ogni test senza mai un errore. McGaugh ha coniato un nome per la loro condizione: sindrome ipertimestica. Tra i due esiste tuttavia una differenza fondamentale: mentre l’uomo è perfettamente a suo agio con quel passato a rimorchio che si ritrova, la donna ne è fortemente stressata. Non sopporta l’idea di vedere continuamente la propria vita srotolarsi nella mente, per intero, senza falle. In scala 1:1, la riproduzione dell’esistenza dev’essere oltremodo ingombrante. La sua sensibilità è la mia. Come può sopravvivere serenamente, quell’altro?

C’è un tizio, di nome Gordon Bell, che dal 2001 si procura artificialmente questa memoria. Si è sottoposto al progetto My Life Bits e gira con un apparecchio che, minuto per minuto, scatta foto intorno a lui, registra luci e ombre, temperatura, posizione. Per poi poter archiviare e un giorno ricostruire tutto: a che scopo?

Credo che il valore e la funzione dei ricordi siano sopravvalutati. Attenzione: non sto dicendo che vada cancellato il Giorno della Memoria, ma che non sia necessaria la memoria di tutti i giorni.

Quando vivevo in Libano andai in analisi da uno psicologo che insegnava all’università americana di Beirut. A convincermi fu il fatto che potevo parlargli in inglese, anziché nella mia lingua, mettendo una distanza tra me e la mia storia, come se stessi raccontando quella di un altro.

Ho scoperto molto tempo dopo che era una scelta condivisa. Mi trovavo a New York e avevo assistito a una rappresentazione teatrale della vita di Simon Wiesenthal, il sopravvissuto all’Olocausto che passò il resto dell’esistenza dando la caccia ai nazisti. L’attore del monologo si fermò per rispondere a domande del pubblico e gli fu chiesto se avesse parlato con reduci dei lager e che impressione ne avesse ricavato. Tom Dugan, questo il suo nome, disse di sì e che nel raccontare gli erano sembrati freddi, quasi meccanici. Un uomo seduto accanto a me intervenne: “Perché lo facevano in inglese, non in tedesco o polacco, avessero usato la lingua madre, quella in cui parlavano quando le cose accaddero, avrebbero rivissuto e...”. Si interruppe, sopraffatto dalla commozione.

Durante uno dei primissimi incontri lo psicologo di Beirut mi domandò quale fosse il mio primo ricordo in assoluto.

Risposi: “Io che rompo un vaso appoggiato su una mensola nell’ingresso di casa e mia madre che si arrabbia”.

Gli parve una rivelazione densa di conseguenze: “Il tuo primo ricordo è tua madre che ce l’ha con te???”.

Risposi di sì, ma avrei voluto dire no: il mio primo ricordo è la banda degli zampognari sotto il portico di Santa Lucia, il centravanti danese Nielsen che segna un gol alla Fiorentina in trasferta, la discesa dal cielo delle gemelle Kessler.

Era chiaro



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