Squadra speciale Minestrina in brodo by Roberto Centazzo

Squadra speciale Minestrina in brodo by Roberto Centazzo

autore:Roberto Centazzo
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
ISBN: 9788850243853
editore: TEA
pubblicato: 2016-04-27T22:00:00+00:00


Capitolo 23

10 luglio, venticinquesimo giorno di pensione

Era mattina. Una di quelle mattine, che capitano a tutti di tanto in tanto, in cui ci si sveglia con quella sensazione di groppo in gola da primo giorno di scuola, quell’ansia da notte prima degli esami, quell’emozione da primo incontro, col cuore che palpita, le mani che sudano, la certezza di sentirsi inadeguati. Ecco per Pammattone era una di quelle mattine lì.

Teneva gli occhi bassi, perso nelle sue riflessioni. Lugaro lo aveva ragguagliato circa il rinvenimento del preservativo.

«Che hai?» gli chiese Mignogna. «Guarda che, se il ballo non ti piace, troveremo qualcos’altro.»

Pammattone non rispondeva.

«Dai, ci sono altre mille alternative. Sai giocare a bridge?»

Pammattone sollevò un sopracciglio, guardando Mignogna con perplessità.

«Ho capito, non sai giocare. Nemmeno io, se è per questo. Però, c’è un circolo non troppo distante da qui, dove potrebbero insegnarci. Ci sono corsi per dilettanti e tornei per esperti. Fanno anche i campionati, sai!»

Pammattone ora stava ancora pensando alla casa. Non aveva ascoltato una sola parola.

«Si può sapere cos’hai stamattina? Qualcosa ti tormenta?» sbottò Mignogna alla fine.

«No, ma… Non ho nessuna voglia di cercarmi un passatempo. Giocare a carte? Insomma, tu ti senti così vecchio? Io non voglio parcheggiarmi da qualche parte in attesa della dipartita. Ho bisogno di sentirmi vivo!»

Mignogna e Pammattone si erano ritrovati al bar, come al solito. Mignogna aveva portato anche Billy, che aveva preso bene quel passaggio di proprietà forzato da figlia a padre. Mignogna un po’ meno, ma per la felicità di Valentina avrebbe fatto qualunque cosa. Santoro doveva ancora arrivare. Giacché veniva a piedi, era possibile un suo ritardo. Avevano deciso di attenderlo fuori, senza entrare. Passeggiavano sotto i portici di piazza della Vittoria a passo lento, con Billy che ogni tanto si fermava ad annusare un angolino o una colonna.

«Ti rendi conto che siamo qui, alle sette e mezzo del mattino, a girare attorno alla Questura senza saper cosa fare?» riprese Pammattone. «E quanta voglia di entrare là dentro nella mischia! Discussioni con i funzionari, bisticci con i colleghi, rotture di coglioni, grattacapi: cosa daremmo adesso per riavere tutto ciò? Era un gioco, un bellissimo gioco delle parti. Sì, certo, magari un agente mi sparava affanculo, se non gli concedevo un giorno di permesso; magari mi detestava, se lo mettevo di turno la domenica o il sabato sera; ma poi alla fine, quando l’indagine si concludeva bene, si andava tutti assieme a mangiare la pizza. Lo hai visto che bel regalo ci hanno fatto, quando siamo andati in pensione? Ci hanno voluto bene. Ci vogliono ancora bene.»

Mignogna aveva appunto estratto l’iPhone dalla tasca. «Già che ci sono, chiamo Santoro. Mi sto preoccupando.»

Attese una decina di squilli. Stava per riattaccare quando Santoro, col fiatone, rispose: «Ciao, Kukident».

«Ciao, Maalox. Che ti succede?»

«Sto tinteggiando l’appartamento di mia figlia. Ha deciso di sposarsi.»

Sì, lo sapeva. Sapeva anche che Santoro non l’aveva presa bene. Perché non rimestare un po’ il coltello nella piaga? «Guarda che i Mau Mau sono ottime persone», disse.

Quel nomignolo, nato per indicare coloro che



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