Strade perdute by Alessandro Vanoli

Strade perdute by Alessandro Vanoli

autore:Alessandro Vanoli [Vanoli, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2019-05-21T22:00:00+00:00


6.

In pellegrinaggio dalla Spagna all’Italia

nel Tredicesimo secolo

Finisterre

“Quando aprile con le dolci piogge penetra sino alle radici l’arsura di marzo, irrorando ogni vena dell’umore dalla cui virtù s’ingenerano i fiori. E quando zefiro pure col molle suo soffio ingemma i teneri germogli in ogni bosco e brughiera; e il giovane sole ha compiuto il mezzo giro suo in Ariete… allor brama la gente di tornarsene in cammino, cercando strani lidi e santuari lontani per contrade diverse…”

C’è una folla ad ascoltarlo: chi siede sulle pietre, chi per terra; chi ride e batte le mani a dare il ritmo, chi guarda assorto e par voler ripetere ogni sillaba; e i bambini e i polli a scorrazzare tutt’attorno. Il menestrello, le spalle addossate alle pietre della chiesa, par quasi non vederli: gli occhi persi all’orizzonte, nell’oceano innanzi a lui. Ci godiamo la scena un po’ discosti e sappiamo che ha ragione: troppo tempo è passato ed è ora di ricominciare il viaggio.

Finisterre, anno del Signore 1212. All’estremo confine delle terre di Cristo, poggiati sulle ultime rocce dell’Iberia, di fronte al mare Oceano. Un sole bianco che sembra ghiaccio e un vento salato che soffia dal mare agitando i panni e gli stendardi. Compostela è lontana, ma non così tanto; e sono sempre di più i pellegrini che accettano di affrontare pochi altri giorni di cammino per spingersi sin qui, a godersi gli estremi limiti del mondo: li vedete anche adesso, alcuni di loro gettarsi in mare ringraziando il Signore, tra risate e grida, come ricevessero un nuovo battesimo. Verrebbe da non andarsene più; qui sembra tutto così distante: le carestie, la fame, la guerra.

Ma invece dobbiamo ripartire: tornare sui nostri passi e dare un ultimo saluto a Santiago, per poi riprendere la strada sino ai Pirenei. E ci vorranno mesi di fatica e privazioni, ma infine arriveremo a Roma e il nostro pellegrinaggio potrà dirsi davvero terminato.

Della compagnia non ci possiamo lamentare: cavalieri, monaci, mercanti… ognuno con il suo carico di speranza e devozione, qualcuno per voto, altri per penitenza; taluni più per avventura o per quel desiderio che sotto sotto ci portiamo tutti dietro di vedere il mondo.

Sia come sia, per capire un pellegrino bisogna diventarlo. Bisogna fare la scelta di allontanarsi dal mondo; essere peregrinus, appunto, uno straniero. Bisogna sentire il rapporto che giorno dopo giorno si consolida con gli altri: tutti a condividere la stessa via, la stessa fatica, lo stesso destino. Bisogna prendere i segni e i simboli: il bordone, il bastone ricurvo a cui ci appoggeremo durante tutto il viaggio, come fosse un terzo piede, per ricordarci a ogni passo della santa Trinità; poi la bisaccia, che è un sacchetto privo di legacci per ricordarci che occorre dividere i propri beni con i poveri; infine la conchiglia, cucita sulle vesti per gloria dell’apostolo. A quel punto saremo ormai persone nuove. A quel punto il cammino potrà dirsi cominciato.

Così anche ora che raccogliamo le nostre poche cose e ci battiamo le mani sulle spalle a confortarci e incoraggiarci, mentre ripartiamo.



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