Suite Francese by Irène Némirovsky

Suite Francese by Irène Némirovsky

autore:Irène Némirovsky
La lingua: it
Format: mobi, epub
pubblicato: 2013-06-01T22:00:00+00:00


3

Le signore Angellier stavano uscendo di casa per recarsi ai Vespri quando si presentò l’ufficiale tedesco che doveva alloggiare da loro. Si incontrarono sulla porta. L’ufficiale scattò sull’attenti battendo i tacchi e salutò. La vecchia signora Angellier si fece ancora più pallida e gli concesse con un certo sforzo un muto cenno del capo. Lucile alzò gli occhi, e per un attimo lei e l’ufficiale si guardarono. Una ridda di pensieri attraversò in un secondo la mente di Lucile: «Forse è lui che ha fatto prigioniero Gaston...» disse fra sé e sé. «Mio Dio, quanti francesi avrà ucciso? Quante lacrime saranno state versate a causa sua? È anche vero, però, che se la guerra fosse andata in un altro modo oggi forse sarebbe Gaston a entrare da padrone in una casa tedesca... È la guerra, non è colpa di questo ragazzo».

Era giovane, magro, con belle mani e occhi grandi. Lucile notò la bellezza delle mani perché lui le teneva aperta la porta di casa. Aveva all’anulare un anello con una pietra lavorata, scura e opaca; un raggio di sole, spuntato fra due nuvole, strappò al gioiello un bagliore purpureo, danzò sul volto dalla pelle dorata per la prolungata esposizione all’aria aperta e coperta di una leggera peluria come un bel frutto. Gli zigomi erano alti, decisi e ben modellati, la bocca tagliente e fiera. Lucile rallentò il passo, suo malgrado: non riusciva a staccare gli occhi da quella mano fine, dalle lunghe dita (la immaginava mentre stringeva una pesante rivoltella nera, o un mitra, o una granata, o una qualsiasi arma dispensatrice di morte), fissava quell’uniforme verde (quanti francesi, nelle notti di veglia, avevano spiato nell’ombra del sottobosco l’apparizione di un’uniforme simile...) e quegli stivali lustri... Le tornarono in mente i soldati dell’esercito francese che, un anno prima, sconfitti, nella loro fuga avevano attraversato il paese sporchi, stremati, trascinando nella polvere i logori scarponi. Mio Dio, questa era la guerra... Un soldato nemico non sembrava mai solo – un essere umano di fronte a un altro –, ma era seguito, premuto da ogni parte da una massa innumerevole di fantasmi, i fantasmi degli assenti e quelli dei morti. Non ci si rivolgeva a un uomo bensì a una moltitudine invisibile; pertanto nessuna delle parole pronunciate era detta semplicemente e semplicemente ascoltata; si aveva sempre la strana sensazione di essere soltanto una bocca che parlava per conto di tante altre, mute.

«E lui, che cosa pensa?» si domandò la giovane donna. «Che cosa prova mettendo piede in questa casa francese il cui padrone è assente, fatto prigioniero forse da lui o dai suoi camerati? Ci compiange? Ci odia? Oppure entra qui come in una locanda, chiedendosi soltanto se il letto è buono e se la serva è giovane?». Da un pezzo la porta si era chiusa alle spalle dell’ufficiale; Lucile si era incamminata dietro la suocera; entrata in chiesa, si era inginocchiata al suo banco, ma non poteva fare a meno di pensare al soldato nemico. Adesso era solo in casa; occupava



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