Taccuino di un vecchio sporcaccione by Charles Bukowski

Taccuino di un vecchio sporcaccione by Charles Bukowski

autore:Charles Bukowski
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
Tags: Romanzo
editore: Guanda
pubblicato: 1979-04-15T22:00:00+00:00


a Philadelphia mi mettevo a sedere in fondo, facevo il camerierino, raccoglievo ordinazioni per guadagnarmi un panino, eccetera. Jim, il barista del turno mattutino, mi lasciava entrare alle 5 e mezzo mentre dava lo straccio e io potevo bere gratis finché non arrivavano i primi clienti, alle 7. chiudevo il bar alle 2 di notte, e così non avevo molto tempo per dormire. ma non combinavo molto all’epoca – in fatto di sonno, di cibo o di qualunque altra cosa. il bar era ridotto così male, vecchio, olezzante urina e morte, che quando entrava una puttana ci sentivamo particolarmente onorati. come facessi a pagarmi l’affitto o a cosa pensassi non sono sicuro. più o meno in quello stesso periodo un mio racconto era stato pubblicato su PORTFOLIO III, insieme ad altri di Henry Miller, Lorca, Sartre e a molti altri. il Portfolio costava dieci dollari ed era una cosa enorme fatta di pagine staccate, tutte stampate in caratteri diversi su una costosa carta colorata e pazzi disegni introspettivi. Caresse Crosby, la direttrice, mi scrisse: «un racconto insolito e veramente magnifico. ma lei chi È?», le risposi: «Cara Signora Crosby, non so chi sono. cordiali saluti, Charles Bukowski.» subito dopo smisi di scrivere per dieci anni. ma prima di smettere una notte sotto la pioggia con PORTFOLIO, un vento molto forte, le pagine che svolazzano per strada, la gente che le rincorre, io che sto a guardare, ubriaco; un lavavetri gigantesco che mangiava sempre sei uova a colazione piazzò il fettone nel bel mezzo di una pagina: «ehi! ecco! ne ho presa una.» «vaffanculo, mollala, molliamole tutte!» dissi io alla gente, e rientrammo. avevo vinto una specie di scommessa. ero contento così.

ogni mattina alle 11 Jim mi diceva che avevo bevuto abbastanza, che non mi avrebbe dato più da bere, e che potevo andare a fare un giretto. facevo il giro dell’isolato per arrivare poi al retro del bar e mi stravaccavo per strada. mi piaceva far così perché c’erano sempre dei camion che andavano avanti e indietro per il vicolo e sentivo che ogni momento avrebbe potuto essere quello buono. ma mi andava sempre male. e ogni giorno i bambinetti negri m’infilavano dei bastoncini nella schiena, poi sentivo la voce della madre, «basta adesso, basta, lasciate in pace quell’uomo!» dopo un po’ mi rialzavo e tornavo dentro a bere. il problema principale del vicolo era la calce. c’era sempre qualcuno che mi spruzzava la calce addosso e non ero mica contento, io.

un giorno stavo lì seduto quando domandai a un tale, «ma perché non va mai nessuno nel bar in fondo alla strada?» la risposta fu, «ma quello è un bar di gangster. se ci vai, ti fanno fuori.» finii il drink, mi alzai e m’incamminai.

quel bar era molto più pulito. un bel numero di giovanottoni sparsi in giro, piuttosto cupi. scese la calma. «vorrei uno scotch con dell’acqua» dissi al barista.

finse di non sentire.

alzai il volume: «barista, ho detto che voglio uno scotch con dell’acqua!»

lui attese un bel po’, poi si girò, tornò con la bottiglia e mi servì il drink.



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