(The Wolfe Brothers 1) A 15 anni sei troppo vecchio by Markus Zusak

(The Wolfe Brothers 1) A 15 anni sei troppo vecchio by Markus Zusak

autore:Markus Zusak [Zusak, Markus]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820097561
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


C’è un’auto che vaga per la città. È arancione, grande, e fa quel rumore forte e minaccioso che fanno macchine del genere. Percorre le strade rombando, anche se si ferma sempre ai semafori rossi, agli stop e simili.

Cambio di scena.

Rube e io stiamo camminando, fuori dal cancello davanti a casa, teoricamente per andare alla partita di Steve, anche se sono circa le due del mattino. Fa freddo. Avete presente quel freddo malato? Quel freddo che, non so come, respira. Si scava una via nella bocca, brusco, nocivo.

Una domanda.

Rube: «Pensi mai di suonarle al vecchio?»

«Al nostro?»

«Certo.»

«Perché?»

«Non lo so… non credi che sarebbe divertente?»

«No, non credo.»

Dopo restiamo in silenzio, e continuiamo a camminare. Trasciniamo i piedi, ogni tanto ci passa accanto una macchina. I taxi ci superano e sbandano, un camion della nettezza urbana arranca per il peso eccessivo. L’auto arancione sfreccia, ringhiando.

«Idioti», fa Rube.

«Decisamente.»

Mentre lo dice, la macchina sfreccia e la sentiamo allontanarsi… ma un attimo dopo torna indietro da una strada laterale, e ce la ritroviamo alle spalle.

Cambio di scena.

Rube e io siamo all’angolo tra Marshall e Carlisle Street. Rube si accovaccia. Si avvicina un’auto che, a giudicare dal motore, non camminerà ancora a lungo. Si accovaccia, e tiene tra le gambe il cartello che abbiamo rubato. Mi accorgo che il palo è spoglio. È solo un palo piantato nel cemento.

Ed ecco.

L’auto arancione risale Marshall Street, quasi alimentata dalla sua stessa velocità, avida.

Quando ci raggiunge, sta praticamente volando.

Non c’è nessun cartello.

Nessuno.

Ci supera rapidissima e, mentre chiudo gli occhi di colpo, sento un rumore di metallo che si avvolge attorno ad altro metallo, un urlo, e una pioggia ritardata di vetri infranti.

Rube è accovacciato.

Io sono in piedi, gli occhi ancora chiusi.

Il silenzio mormora qualcosa.

È dappertutto.

Sollevo le palpebre, e ci avviamo.

Rube lascia cadere il cartello e lentamente, in preda a un panico che ci fa tremare, andiamo verso le auto che paiono essersi aggredite, mordendosi.

Gli occupanti… è come se fossero stati inghiottiti.

Sono morti, coperti di sangue, mutilati.

Sono morti.

«Sono morti!» urlo a Rube, ma dalla mia bocca non esce niente. La voce non c’è.

Poi, un cadavere si alza.

Quegli occhi sembrano prendermi a pugni e, quando la persona grida, il suono nelle mie orecchie è insopportabile. Mi costringe a buttarmi a terra, e a premere le mani contro i lati del viso.



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