Tutto per la patria by Martín Caparrós

Tutto per la patria by Martín Caparrós

autore:Martín Caparrós [Caparrós, Martín]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2019-11-11T23:00:00+00:00


1. «Mi hai fatto innamorare | sul piú bello della vita, | e poi mi hai lasciato con l’anima ferita…»

Capitolo tredicesimo

– Ragazzi, lo sapete come funziona qui: nessuno vuole che si sappia niente.

Dice l’ispettore commissario Américo Holster, a capo di una squadra della sezione omicidi della polizia, e non so se stia parlando sul serio; mi succede da quando sono arrivato.

– E men che meno la verità, o cose simili.

Mi ero svegliato quasi tre ore prima, di soprassalto, con la sensazione che mi mancasse qualcosa e ci avevo messo qualche secondo a capire cosa: il corpo di Raquel aderente al mio nel letto a una piazza della mia stanza nella pensione di doña Norma. Non c’erano nemmeno i suoi vestiti: si era alzata in piena notte ed era uscita senza far rumore. Per un attimo mi ero chiesto se non fosse stato un sogno o una fantasia: le lenzuola sottosopra, gli odori nelle mie mani e sulle mie labbra, il mio sorriso ebete mi avevano confermato che non era cosí. Quindi mi ero alzato, ancora con la testa fra le nuvole, e mi ero fatto una doccia cantando come se il bagno della pensione fosse quello del raffinato Jockey Club, e mi ero infilato una camicia bianca, dei pantaloni di gabardine blu, un paio di calze senza buchi ed ero sceso a prendere un caffè dal Gallego, ovviamente senza dirgli niente. Ma la sensazione restava: trionfo, aspettative, gongolamento. Anni, erano anni – be’, forse mesi – che puntavo la Rusa e adesso finalmente ero riuscito a far nascere qualcosa. Nel pomeriggio sarei andato a cercarla, avrei dovuto trovare qualcosa da offrirle, frasi da dirle, tutto l’ambaradan di prammatica: magari avrei potuto dirle che in realtà mi chiamo Andrea e che non lo sa nessuno a parte lei adesso e lei mi avrebbe detto che il mio segreto era al sicuro e io mi sarei sciolto di piacere e avrei voluto farglielo sapere ma avrei avuto paura di farle troppa pressione o non abbastanza e pensavo ai modi per dirglielo e li scartavo e ne pensavo altri, dolci dubbi; per ora non facevo che rivivere ogni momento dal mio tavolino accanto alla finestra, brioche e caffè, mentre guardavo la gente e gli autobus e le macchine e i furgoni passare in quel martedí mattina, con il caldo che era già insopportabile.

E poi avevo percorso a piedi gli otto o dieci isolati fino all’angolo tra Moreno e Virrey Cevallos e alle 9 in punto del mattino mi ero visto con Guillermo González Galuzzi, gli avevo stretto la mano e mi aveva stupito, di nuovo, di quanto possa essere piccola una mano. Ed eravamo entrati insieme nel grande edificio – un intero isolato – del dipartimento centrale di polizia, mostrato i nostri tesserini a un agente di sorveglianza, attraversato il grande cortile centrale. Procedevo guardando in su: avevo sentito cosí tante storie di detenuti volati giú da quelle finestre che mi deluse quasi non vederne cadere nessuno. E poi eravamo saliti fino al



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