Uccidimi by Chiara Cilli

Uccidimi by Chiara Cilli

autore:Chiara Cilli [Cilli, Chiara]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-07-31T16:00:00+00:00


CAPITOLO 12

Le grida terrificanti di Sofyia e Aleksandra Nikolayev infestavano il mio studio. Erano come entità tangibili che mi levitavano intorno, urlavano nelle mie orecchie, mi tormentavano con il loro immenso dolore.

Non riuscivo a togliermi l'immagine di Aleksandra dalla testa. Lo sguardo fisso, la rivedevo prendere a pugni la mia scrivania, strillare come fosse posseduta.

Dalla rabbia.

Dal panico.

Mai una volta che mi aveva supplicato di porre fine a quell'orrore.

Mai una volta che avevo distolto gli occhi da lei.

E ora, ero pietrificato.

La cenere della mia sigaretta, che pendeva tra l'indice e il medio, stava cadendo sul pavimento.

Ma su di me colava la vergogna.

Densa come pece.

Viscida come sangue.

Impossibile da lavare via.

Lasciai che mi ammantasse, il petto che si stringeva in una morsa asfissiante e spietata.

Rivolto verso la finestra, mi accorsi dell'arrivo del mio uomo migliore solo quando il suo pugno si abbatté sul battente della porta, facendo vibrare i cardini.

«Che cazzo era quello?» tuonò.

Non aveva mai alzato la voce in quel modo. Quella maledetta femmina era riuscita a turbare anche una macchina omicida come lui.

Aveva cambiato tutti noi senza che ce ne rendessimo conto.

Senza che potessimo fermarla.

Ci aveva costretto ad andare oltre i limiti.

Feci un ultimo tiro, poi mi alzai per aprire la finestra. Spensi la cicca sul davanzale e la gettai di sotto. «Una misura necessaria».

«Una misura necessaria?»

Si approssimò, l'espressione furibonda.

«Come cazzo puoi dire una cosa del genere?»

Soffiai l'aria fuori dal naso, adombrandomi. «Cade…»

Un nuovo cazzotto, stavolta sul tavolo, mi zittì. «Hai appena fatto violentare una donna. Davanti a sua figlia, Cristo santo!»

«L'hai vista, cazzo!» sbottai, allargando il braccio. Lo fulminai con lo sguardo. «Hai visto quanto era forte.

Nessuna tortura sarebbe stata in grado di farla capitolare».

Lui azzerò la distanza tra di noi, il volto minaccioso a un nonnulla dal mio.

«Avevo appena iniziato a lavorare su di lei, Leks. Dovevi. Darmi. Tempo».

«Cade» ringhiai, perentorio. «Dovevo scatenare la sua reazione».

«Tu hai annientato quella ragazza!»

Mi tirai impercettibilmente indietro, diffidente e incerto su come gestire questo suo inaspettato comportamento.

Non lo avevo mai visto mostrare alcuna emozione, nemmeno nel togliere la vita a una persona.

Da dove nasceva tutta questa animosità?

Era per lei?

«Sai cosa significa?» continuò ad assalirmi. «Significa che potrai anche averla indotta ad accettare di far fuori Henri Lamaze, ma ciò non implica che sia fisicamente in grado di farlo».

Un campanello d'allarme si accese nella mia mente. Ridussi le palpebre a due fessure mentre interpretavo le parole del mio campione.

«Lo farà» affermai risoluto, per poi aggiungere incollerito: «O la riporterai qui e la farò assistere a uno spettacolo ancora più cruento».

Mi diede un pugno.

Il mio dannatissimo uomo più fidato osò colpirmi.

Osò afferrarmi per la collottola e inchiodarmi al muro come fossi un insulso moscerino da spaventare.

«Chi sei tu, huh? Chi sei?» ruggì.

«Perché l'Aleksej che conosco non si sarebbe mai abbassato a un tale livello per ottenere qualcosa».

Sogghignai. «C'è sempre una prima volta, amico».

«Ti rendi conto di quello che hai fatto?» Mi staccò dalla parete e mi ci sbatté di nuovo, proprio come poco prima avevo fatto con Aleksandra, con tanta irruenza da strapparmi un grugnito.

«Te ne rendi conto?»

«Sì!» Lo spintonai lontano da me con tutta la forza che avevo.



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