Una produzione Kim Jong-Il by Fischer Paul

Una produzione Kim Jong-Il by Fischer Paul

autore:Fischer, Paul [Fischer, Paul]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


19.

LO SCIOPERO DELLA FAME

Nella Prigione n° 6, Shin passava il tempo a rifare tutti i propri film.

“Nella tortura della posizione, che iniziava subito dopo la colazione,” scrisse Shin, “dovevo guardare davanti a me con le mani sulle ginocchia… Calcolai che delle diciassette ore che passavano da quando mi svegliavo a quando mi addormentavo, circa sedici le trascorrevo così. E l’unica cosa che potevo fare era pensare. Riflettevo senza sosta sulla mia vita, sui miei errori, sul fatto che avrei potuto passare più tempo con i miei figli. Ma soprattutto continuavo a vivere dentro i film.” Shin scoprì che l’unico modo di sopportare quelle condizioni disumane era immergersi nel mondo del cinema, coltivare la propria creatività, lasciare la mente libera di tornare in un mondo dove era ancora un regista. Con gli occhi della mente riscrisse, rigirò e rimontò tutti i suoi vecchi film, tornando e ritornando sui loro difetti e immaginando come avrebbe potuto rimediarvi. Nella Corea del Sud aveva sempre fatto le cose di corsa, barcamenandosi tra i costi da contenere e i duecentocinquanta impiegati a libro paga. Qui, per la prima volta, un uomo irrequieto e ambizioso come lui era costretto a fermarsi. In quella prigione dove spesso pensava di impazzire, la nuova carriera immaginaria era il suo solo conforto, una soddisfazione inaspettata. Prima di essere rapito, si stava arenando nel progetto della Bella addormentata. Ma lì trovò facilmente il modo giusto di affrontare la storia.

A Seul, ricco, famoso e libero, Shin si sentiva orgoglioso dei propri film e insensibile a ogni critica. Nella desolazione della prigione arrivò a trovarli vuoti e superficiali. “Mi resi conto che a essi mancavano i contenuti sociali,” disse in seguito. “Per come la vedevo, non avevano l’odore acre della vita vera. Lo confesso. Sono diventato famoso troppo giovane e senza che me l’aspettassi, e da quel momento mi sono così immerso nel cinema da non avere un momento per guardarmi attorno. Il risultato è che non ho avuto l’agio di un’esperienza della vita a più ampio raggio e più profonda.” Nel silenzio della cella, divise i suoi film in tre gruppi: quelli soddisfacenti, quelli che dovevano essere rifatti parzialmente e quelli che dovevano essere buttati nella spazzatura. Con il tempo, però, scoprì di non trovarne soddisfacente nemmeno uno. “Credevo che i miei film fossero realistici. Quanto mi sbagliavo.” Ripensò con imbarazzo ai colleghi socialmente impegnati che aveva ridicolizzato, e a quanto fosse stato vacuo nelle interviste. “Mi ero comportato con grande arroganza,” disse. “Ma ora mi rendevo conto che non avevo capito nulla di ciò che significava la sofferenza.”

Rigirare in testa i propri film innescò in Shin il desiderio di uscire dalla prigione e di rifarli nella realtà. Appena arrivò nella Prigione n° 6, Shin chiese il permesso di scrivere una lettera di appello a Kim Jong-Il, per parlargli dei propri “errori” e delle proprie “riflessioni” sul cinema nordcoreano. Dopo avere visto vicinissima la propria morte, si era reso conto che Kim non l’avrebbe risparmiato se non avesse nutrito ancora qualche speranza di potersi servire di lui.



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